Editoriale
Editoriale. Il piacere della cultura
di Giuseppe Marchetti Tricamo
“È meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze”: è una delle riflessioni, delle frasi lapalissiane che Massimo Catalano elargiva ai telespettatori ai tempi di “Quelli della notte”, lo show che Gianni Garrucciu ricorda in Renzo Arbore. Vita, opere e (soprattutto) miracoli (Rai Eri). Pronunciate oggi, quelle stesse parole sarebbero intese come una provocazione. Sì, perché soltanto il 60 per cento degli italiani ha un’occupazione e quattro giovani su dieci non hanno un lavoro. Quindi, stante questa situazione e applicando la formula dell’amato “filosofo dell’ovvio”, il 40 per cento dei nostri connazionali e sei giovani su dieci starebbero in vacanza a tempo pieno. Ma non è così. La realtà è diversa: la vacanza è diventata un lusso irraggiungibile per molti, anche per coloro che hanno un impiego fisso o temporaneo. Questo stato delle cose mette in allarme gli imprenditori del settore turistico, che hanno puntualmente aperto, in attesa degli ospiti, gli alberghi più o meno stellati al mare, in montagna, al lago e nelle città d’arte. Ma quest’estate i loro clienti tardano a farsi vedere e gli operatori temono che ne arriveranno un bel po’ di meno che in passato. Così, se si verificherà questo calo, numerose camere resteranno vuote, molti ombrelloni chiusi e parecchie barche non lasceranno i pontili. Pur essendoci ancora la voglia di mare o di montagna, sono stati archiviati gli status symbol e l’abitudine di ritrovarsi nel tal luogo (meglio se blasonato o esotico) dove non si poteva mancare per riaffermare la propria posizione sociale.
Si registra un’inversione di tendenza che potrebbe far supporre che gli italiani siano cambiati, siano diventati più maturi, più attenti. Ma non è così. È stata la crisi a fare mutare le abitudini. C’è oggi, infatti, la pressante esigenza di tenere il proprio budget sotto stretto controllo. E chissà se la congiuntura non farà riscoprire le virtuose abitudini di una volta, di quegli anni lontani quando dai jukebox dei bagni della Versilia o della riviera romagnola arrivava la voce di Mina che cantava “per quest’anno non cambiare stessa spiaggia stesso mare” e la sera, seduti in un piccolo ritrovo di stagione, si sognava (sorseggiando una Coca-Cola con ghiaccio e limone) alle note di Champagne di Peppino di Capri suonate da un pianoforte mentre altrove una tromba nostalgica di Fred Buscaglione suggeriva Guarda che luna, guarda che mare. Erano le stesse canzoni che si ascoltavano con il mangiadischi o con la radio a transistor mentre a bordo di una Fiat 600 si percorreva, dopo una breve sosta al distributore Agip Supercortemaggiore, la via del Mare verso il Lido di Ostia.
Man mano, attratti dalle lusinghe di un poster che esaltava lo charme di un luogo, si è cambiata la meta delle vacanze. E a fine estate si tornava soddisfatti con le foto in bianco e nero della Torre di Pisa, il cappello da gondoliere, il Colosseo di gesso, la palla di vetro con la neve che imbianca il Ponte Vecchio di Firenze, lo scacciapensieri siciliano e tante curiosità da raccontare agli amici. A quei tempi si era compiaciuti per quanto succedeva intorno: via la ghiacciaia sostituita dal frigorifero Ignis, un televisore Radiomarelli a valvole in bella vista in salotto… Si era addirittura gongolanti perché il Paese in “un brevissimo volgere di anni aveva conosciuto una rottura davvero grande con il passato: nel modo di produrre, di pensare e di sognare, di vivere il presente e di progettare il futuro” (Guido Crainz, Storia del miracolo italiano, Donzelli).
Ma era tutto oro quello che luccicava? Forse no. Ci sono stati certamente dei punti deboli che hanno provocato negli anni successivi l’inversione del trend fino alla crisi attuale che chiede a noi molte rinunce. Se c’è una cosa alla quale in tanti oggi non vogliamo però rinunciare è il piacere della cultura e per questo auspichiamo che il ministro Massimo Bray riesca a mantenere l’impegno, che si è assunto al Salone del libro di Torino, di rilanciarla.
Intanto, questo interesse – per la cultura – si può conciliare con una vacanza, seppure a basso costo. Si può scegliere un luogo dove si svolga una rassegna letteraria, un festival musicale, di teatro, di filosofia, di danza. Da Sud a Nord ci accoglieranno piazze che diventano anfiteatri naturali. I lettori potranno incontrare i loro scrittori preferiti al Festival Letterature di Roma, al Caffeina di Viterbo, alle Conversazioni di Capri, a Salerno Letteratura, a Mare, Sole e Cultura di Positano, all’Isola delle storie di Gavoi, a Capalbio Libri, alla Milanesiana, al Festivaletteratura di Mantova, a Pordenonelegge, a Una Montagna di Libri di Cortina. I musicofili potranno scegliere Spoleto per il Festival dei 2 Mondi (incontro tra avanguardia e tradizione) o l’Arena di Verona per il Festival del Centenario, la Val di Fassa per Suoni delle Dolomiti (musica all’aperto in quota), il lago Maggiore per le Settimane di Stresa, Pesaro per il Rossini Opera Festival, Perugia per Umbria Jazz o Ravello per il suo Festival. Per gli appassionati di teatro l’appuntamento è alla Biennale Teatro di Venezia, alla Versiliana di Pietrasanta o al Teatro Antico Taormina.
Durante il nostro viaggio faremo nuove scoperte ricordando con Marcel Proust che “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Comunque, se non riusciremo ad allontanarci dalla nostra città, ricordiamoci sempre che leggere un buon libro è già una gran bella vacanza.
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