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Edgar Allan Poe è il papà del giallo?
La nascita del giallo coincide con la prima indagine di Auguste Dupin creato da Poe o con quella di Sherlock Holmes nato dalla penna di Arthur Conan Doyle?
di Orietta Rappolli
Se ci lasciassimo fuorviare dall’idea diffusa che il giallo, una produzione lunga due secoli, non sia ‘una tinta satin’ faremmo un torto ai tanti aficionados e ad abilissimi autori di intriganti artifici.
Basterebbe risalire ai due ‘padri’ dalla penna di tutto rispetto che la storia del genere ci rammenta in Edgard Allan Poe, con il suo Auguste Dupin (I delitti della Rue Morgue) e il suo pressoché diretto discendente Sherlock Holmes creato da Arthur Conan Doyle (Uno studio in rosso).
Pochi gli anni che separano l’uno dall’altro (siamo tra il 1841 e 1887), a farne il primo di una serie di eredi eccellenti di uno stile, whodunit?, che darà il marchio al nascente culto dell’indagine classica all’inglese. Nella cornice rassicurante dell’aristocrazia, astratta dalla realtà, si muovono investigatori ‘per caso’, espediente che l’autore sceglie per giustificare ‘licenze di inchiesta’, dediti alla ricerca della verità per deduzione. Uno schema perfetto, come il delitto oggetto del caso e la sua soluzione.
I classici di Agatha Christie, di S.Van Dine, Ellery Queen, Raymond Chandler, Rex Stout, invaderanno le case editrici e irromperanno più tardi al cinema e in televisione.
Il successo, dai lettori agli spettatori sarà moltiplicato.
Se la tela teatrale era fissa, poggiata sulla stoffa dell’intuito e dell’intelligenza, ciascun personaggio era dotato di propri inconfondibili tratti. Il flemmatico Hercule Poirot e la curiosa Miss Marple, il cinico dandy Philo Vance, il brillante Ellery Queen (celebre di lui l’a tu per tu con il lettore che vìola la quarta parete), l’elegante Philipe Marlowe (impersonato al cinema da Humprey Bogart), l’eccentrico Nero Wolfe, a cominciare dall’acuto Sherlock Holmes e l’ingegnoso capostipite Dupin, fino all’emblematico Alfred Hitchcock, si distinguevano in un impianto prevedibile, per fisionomie, abbillè, citazioni e stravaganze puntualmente originali.
Accogliendo i Maestri del giallo nelle proprie maglie catodiche, la Televisione contribuì profondamente a caratterizzarli e a farli amare dal grande pubblico.
Gli intrepreti ‘storici’ ne stigmatizzarono la popolarità in molti casi.
Insieme ai succitati, quello di Perry Mason, il fortunato personaggio di Erle Stanley Gardner, anch’esso stilizzato nei primi anni trenta e sbarcato in tv nei cinquanta, immortalato dalla personificazione dell’attore Raymond Barr. Di Alfred Hitchcock (Hitchcock presenta Hitchcock), Ellery Queen, nel volto di Jim Hutton, Poirot perfetto al cinema in Peter Ustinov…restando tra gli anglosassoni.
Il rimbalzo dal romanzo al soggetto televisivo si compie felicemente, e soprattutto, per altre miliari invenzioni.
In Europa, il mistery si smarca dal quadro rarefatto e scolpito d’oltreoceano, che virerà anch’esso ma verso narrazioni hard di passo con i violenti rovesci socioeconomici, per esplorare le pieghe psicologiche ed esistenziali di una più varia e semplice umanità.
Siamo a cavallo degli anni trenta e in Francia esplode il fenomeno targato George Simenon, il “Commissario Maigret”.
L’enigmatico stile di Jean Gabin, ne restituì al cinema la prima percezione tutta française, indovinata cifra con cui negli anni sessanta accompagnerà sapientemente il personaggio televisivo il nostro indimenticato Gino Cervi. Sulle note ben scelte di Un giorno dopo l’altro di Luigi Tenco.
Il respiro letterario conferito alle opere dal nuovo corso stilistico, trova in Italia, nelle produzioni Rai, e nella formula dello sceneggiato, la più affine espressione.
L’arte teatrale, propria alle magistrali regie televisive della Tv e Rai degli esordi e non solo, offriva una mise en scene a servizio di grandi attori.
Così fu per l’inimitabile prova di Tino Buazzelli nei panni di “Nero Wolf”, per quella superba ne “Il Commissario De Vincenzi” (di Augusto De Angelis) di Paolo Stoppa, per attori del calibro di Gianni Gavina, Luigi Vannucchi, Giorgio Albertazzi, rispettivamente nel ruolo del perdente brigadiere “Antonio Sarti” (di Loriano Macchiavelli), dello charmante “Philo Vance” (di S. Van Dine) e inquietante “Dott. Jeckill e Mr Hyde” (di Robert Stevenson), e ne “Il Cappello del prete” (di Emilio De Marchi) diretto da Sandro Bolchi.
Da allora la lista di produzioni straordinarie, molte a brand Rai, è lunghissima.
Titoli e interpreti di forte impatto sia originali che di importazione.
La Rai faceva la parte del gigante in una avventura editoriale sperimentale e culturale.
La cronaca e temi sociali o politici e storici, entreranno prepotentemente tra le righe asciutte di Massimo Carlotto, la penna sorniona di Andrea Camilleri, il realismo di Carlo Lucarelli, la cura di Marcello Fois, l’umorismo di Andrea Pinketts.
Se tanto non fosse sufficiente ad ammettere il giallo al rango letterario occorrerà sbirciare Sciascia, Buzzati, Gadda, Chiara, Soldati, Eco, Bevilacqua…e la loro ‘confidenza narrativa’ con il noir.
Per fare pace anche con le spensierate avventure di Georges Descrieres nei panni eleganti di “Arsenio Lupin”, il Ladro Gentiluomo di Maurice Le Blanc, e le sexy inchieste televisive della conturbante “Valentina” ispirate dal fumetto di Guido Crepax.

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