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Duccio Demetrio Green autobiography. La natura è un racconto interiore

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La contemplazione profonda della natura, l’incontro tra la nostra intimità e l’ambiente, fatto di paesaggi, sole, acqua, alberi. Duccio Demetrio in Green autobiography. La natura è un racconto interiore porta per mano il lettore in un viaggio sull’introspezione e sulle domande universali che attanagliano l’uomo. Il tutto per affrontare se stessi, ma soprattutto per tutelare e salvaguardare il nostro pianeta troppo spesso maltrattato.

di Francesca Scaringella

Demetrio, autore di numerose pubblicazioni, è docente e direttore scientifico della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, da lui fondata con Saverio Tutino nel 1998, e di Accademia del silenzio. Leggere:tutti lo ha intervistato sul suo ultimo libro e sulla sua esperienza di docente che inevitabilmente si intrecciano.

In questi anni, chi sono coloro che hanno frequentato la Libera Università dell’autobiografia di Anghiari? Hanno caratteristiche eterogenee o fra loro vi sono aspetti comuni?
La Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, fondata da me e da Saverio Tutino, in provincia di Arezzo (www.lua.it), è un’associazione culturale non profit che, fin dalla sua fondazione ‒ avvenuta nel 1998 ‒,  intese rivolgersi a un pubblico il più ampio e differenziato possibile; a chiunque pur con bassi livelli di scolarità desiderasse scrivere di sé. La storia del genere autobiografico “per diletto” o per “necessità di autoaiuto” (nella malattia, nella reclusione, nelle solitudini più estreme, ecc.) annovera del resto da sempre anche coloro che da semianalfabeti si sono rivolti a questa risorsa  per trovare un po’ di sollievo, per lasciare testimonianza della loro storia, della loro esclusione. La scrittura è riscatto, ricerca di un’ identità che è andata smarrendosi, è sollievo e al contempo momento di emancipazione individuale e sociale. Oggi, a distanza di quasi vent’ anni dalla sua nascita possiamo affermare, numeri alla mano, che questo intento ha raggiunto il suo scopo in due direzioni. La prima, accoglie nel nostro borgo toscano coloro che provengono da tutt’ Italia e da altri Paesi europei interessati a frequentare prima la nostra scuola propedeutica (in tutto 4 seminari durante il fine settimana che si svolgono nell’arco di circa un anno) e, poi, se lo desiderano i corsi avanzati di carattere professionalizzante (in campo educativo, sociale, clinico, filosofico, letterario). In questo caso, si tratta di persone (al 95% di donne la cui età media è tra i 35- 55 anni) con un livello di studio medio alto (insegnanti, psicologi, medici, educatori ma anche pensionati, neolaureati) che scelgono Anghiari in relazione a  momenti critici della loro esistenza, a situazioni di fragilità esistenziale e di passaggio, ai quali vogliono rispondere prima di tutto redigendo un loro testo autobiografico: per se stesse oppure e anche da lasciare a figli, nipoti, partner. La seconda direzione, che potremmo definire “decentrata”, vede in quasi tutte le regioni d’ Italia la presenza di coloro che formatisi ad Anghiari, professionalmente o impegnati nel volontariato che abbiamo sempre incoraggiato, promuovono laboratori di scrittura per diffondere le diverse tecniche autobiografiche: diaristiche, memorialistiche, epistolari, ecc. Presso biblioteche, associazioni circoli culturali, servizi sociosanitari e residenziali, carceri. La Libera quindi si giova di una rete di collaboratori territoriali il cui compito è diffondere la cultura e le pratiche autobiografiche, rivolgendosi alle fasce di popolazione più deboli, con bassissimi livelli di istruzione, in condizioni precarie anche dal punto di vista psicosociale.

In un mondo dove lei sottolinea, giustamente, che molte cose sono green, dal cibo all’economia, anche la nostra vita può esserlo, basta ritrovare il filo che la unisce alla natura. Scrivere di noi stessi quindi è scrivere anche del mondo intorno a noi.
La scrittura di sé è stata definita di recente, nella gamma su accennata (non comporta difatti sempre la stesura di una autobiografia in senso proprio: rispetto delle cronologie, narrazioni contrassegnate da cura degli intrecci, tensione verso la ricerca di un senso o di più significati perseguiti lungo l’arco della propria vita, ecc.) una “ego-scrittura”. Il che equivale a mettere in luce la funzione centrale dell’io narrante, sul piano rievocativo, introspettivo, interpretativo. Ritenere però che l’autobiografismo sia soltanto una manifestazione edonistica, narcisistica, autocelebrativa di se stessi sarebbe erroneo e fuorviante. O per lo meno come Lua non ci occupiamo di queste sue manifestazioni , presenti laddove esistano ambizioni letterarie. Per questo la scrittura svolge funzioni auto- terapeutiche ‒ finalmente riconosciute in ambito clinico ‒ quando un io offeso, disgregato, debole minacci il benessere e la salute psichica delle persone. Lo scrivere risveglia autostima, consapevolezza, voglia di riconquistarsi un ruolo sociale dignitoso, il senso di essere ancora vivi nelle situazioni più estreme e di fine vita. Detto questo la scrittura personale è sempre specchio di quanto abbiamo vissuto e incontrato nel corso della nostra vita. Ogni diario o autobiografia conclusa è la rappresentazione di un punto di vista umano, storico, culturale. È, come diceva la Yourcenar, uno sguardo consapevole gettato nei confronti del mondo, oltre il proprio privato mondo. La nostra storia scritta è spesso corale, “impersonale” (come sostiene Annie Ernaux), un frammento dei drammi della condizione umana più in generale. Inoltre, e da qui le ragioni che mi hanno indotto a scrivere il mio recentissimo Green Autobiography, quando scriviamo dei nostri ricordi di infanzia, dei primi incontri con la vita nelle sue più diverse gamme, ecco che il rapporto con la natura, l’amore allo stato nascente per le altre esistenze  e presenze non umane (dai prati, agli alberi, agli animali, alle nuvole, al vento, alla pioggia scrosciante…), diventano certo non per tutti il filo conduttore (verde) della nostra vita e sarà tale da appartenere di diritto al nostro destino o a invogliarci a sceglierne uno che sia rispettoso per i credenti del creato, per chi non crede dei misteri del cosmo.

L’esperienza degli autobiografi green è molto spirituale, al di là del credo religioso. Un viaggio interiore che può portare a galla anche delle ferite. Come si gestisce un percorso di questo tipo?
Da quanto accennato nel rispondere alla domanda precedente, ritengo che la nostra formazione interiore, non necessariamente da intendersi in senso religioso, non posso non attingere a un rapporto intenso con la natura. In tutte le tradizioni spirituali la natura è presente e celebrata come fonte di perfezionamento delle proprie vocazioni spirituali, ascetiche, meditative. Silenzio, solitudine, attenzione e rispetto non soltanto nei confronti dell’ umano, sono tutte situazioni evocate dalla letteratura sia sacra che dalle poetiche  laiche. La scrittura, anche in questi casi,  ci consente di entrare ancora di più in intimità con noi stessi se scriviamo di quanto ci sta intorno e ci comunica gli enigmi della vita, ben oltre le nostre inquietudini individuali, quotidiane. Nel mio libro, offro ai lettori numerosi esempi che ci mostrano come scritture di viaggio alla ricerca di una natura ancora incontaminata, diari di giardinaggio e di lavoro agricolo, poesie anche ingenue dedicate alle emozioni dinanzi a eventi naturali pacificanti o viceversa devastanti; offro idee e suggestioni che ci permettono di comprendere, con la penna tra le dita, quanto sia importante decentrarsi dai propri problemi  andando incontro alla natura nella sua misteriosa bellezza. Quanto sia importante riscoprire curiosità, meraviglie, stupori che le sue forme più minuscole, umili, o viceversa, grandiose ci offrono allo scopo di risvegliare il nostro sentimento di esistere, di avvertire quella “religiosità della terra” di cui ho parlato in un mio libro precedente che può rappresentare una feconda alleanza tra credenti e increduli in difesa del pianeta. Scrivere del nostro rapporto con la natura è celebrare laicamente un rito del risveglio mattutino e del congedo sul far della notte, nell’augurio che ci sia concesso di ritrovarlo nei giorni seguenti.

Green Autobiography è scrivere di se stessi secondo la chiave della natura, semplifico al massimo, ma per poterlo fare al meglio, lei sostiene sia necessario essere grandi lettori. Perché?
Penso che se abbiamo avuto una buona educazione a leggere e ad ascoltare letteratura green, ad amare i suoi scrittori, poeti o d’avventura, la propensione a occuparci della natura anche per difenderla e non solo per ammirarla o contemplarla  abbia più possibilità di diventare una condotta etica e non soltanto una passione privata. Per tale motivo ritengo che si tratti nella pedagogia ecologica e ambientalistica porre maggior attenzione a quanto fin dall’antichità si è scritto a tal proposito: dai lirici greci, ai testi biblici o orientali, da Ovidio a Virgilio, dagli scrittori umanisti ai romantici, fino ai gradi cultori americani della poetica della natura selvaggia. Il mio saggio su di essi si sofferma, anche per invogliarne la rilettura integrale e rivedere alcune linee educative che potrebbero essere presenti in campi disciplinari diversi, dalla scienza alla geografia, dalla letteratura appunto alla filosofia. Ad Anghiari da alcuni anni una sezione delle nostre attività è dedicata alla scrittura eco-narrativa. Attraverso una scuola specifica che organizza seminari dedicati alla letteratura green, al rapporto con gli animali, a eremitaggi nei meravigliosi boschi circostanti anche lungo i sentieri aperti da san Francesco, offriamo quindi a genitori, nonni, insegnanti educatori la possibilità di approfondire questi temi e di farne diretta esperienza per poi riproporli ai figli, ai nipoti, ai propri studenti. Per non tacere di Accademia del silenzio, una sezione della ricerca anghiarese, inventata cinque anni fa, che da due anni organizza alla fine di agosto una scuola di pedagogia del silenzio presso il borgo medioevale di San Leo in provincia di Rimini (quest’ anno dal 27 al 30). Il silenzio nella natura, nel rapporto con gli altri, la sua accezione interiore o religiosa, sono altrettanti momenti teorico-pratici che viviamo insieme a persone che provengono da ogni parte. Per diffondere un’educazione a meditare, a scegliere il silenzio rispetto al frastuono, a scrivere in cammino scoprendo i suoni discreti o potenti che la natura ci offre e dispiega.

In un momento storico dove fermarsi sembra sia il preambolo all’immobilità, è necessario imparare a ritagliarsi un piccolo varco verso noi stessi. Lo consiglia soprattutto a chi vive freneticamente in città per ritrovare equilibrio e tenere lontano il mal di vivere. Piccole soluzioni in pillole per riuscirci ogni giorno?
Le soluzioni che propongo e proponiamo come Lua, le ho già accennate in precedenza. Riprendere la penna in mano, dedicarsi digitalizzando al racconto di sé nelle multiformi espressioni che la nostra vita ha assunto nel corso del tempo, sono modalità semplici di resistenza e di risposta al male di vivere volte a rafforzare i nostri spazi interiori. La scrittura ci aiuta a dilatarli, a guardarci intorno, a non chiuderci anche quando lo vorremmo dinanzi ai guasti che una vita senza idealità civili e ambientalistiche, impegno, difesa della memoria soggettiva e collettiva, opera di continuo. Un dato è certo, ormai ne ho una miriade di prove, la scrittura ci consente di risollevarci dalle crisi periodiche che ci assalgono soprattutto nelle devastanti situazioni metropolitane. Dove ti senti folla anonima, compi per necessità  i gesti quotidiani di tutti, l’aggressività si accresce; dove ti dedichi, per allontanarti ancor di più da te stesso (quando questo rapporto ti spaventa, ti ripropone il senso di inadeguatezza, avvilisce la tua autenticità) senza antidoti meditativi, a incontri futili, frastornanti, alienanti. Dei quali nulla ti resta il giorno dopo. In tanti anni la comunità anghiarese ha rappresentato per me non un luogo di fuga dalla città, ma di ripresa di entusiasmo, di rigenerazione, di altruismo  nel vedere gli effetti che lo scrivere accende nelle persone di ogni età. Non si tratta di fuggire, ma certamente il nostro corpo, l’animo, il bisogno di quiete e di silenzio hanno un’estrema necessità di ritrovare un cammino verso se stessi, di ritrovare una via di riconciliazione tra sé e il mondo. Da soli o con l’aiuto altrui, la scrittura di sé e per sé nella sua alleanza con la lettura, con la ricerca della natura anche in città, con l’impegno per una qualità del vivere, nel piacere di condividere con altri i propri scritti, sono non solo antidoti emozionali ai mali oscuri dell’esistenza, ma modi per   smascherarli, trovarne le cause, affrontarle.

 

Green autobiography
Duccio Demetrio
2015 BookSalad pp.  – 352 15 euro

 

 

 

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