Lo Zibaldone
Dodici araldi grinzosi
di Maura Sgarro
Non facciamoci ingannare dal formato di questo libro, piccolo come un breviario seicentesco di manzoniana memoria. Del Seicento ha invece molto, trattando di alcuni dipinti del famoso Ribeira, detto “lo Spagnoletto”, noto esponente del secolo d’oro dell’arte partenopea.
Iniziamo, in modo innovativo per una recensione, dalla Certosa di S. Martino, cioe’ dal “ contenitore”, per arrivare a comprendere profondamente “ il contenuto”, cioe’ i dipinti dei Profeti di Ribeira. Di origine trecentesca, la Certosa subi’ varie trasformazioni nei secoli sino a divenire durante la Controriforma oggetto di una fantasia grandiosa. Nel tempo, fu ristrutturata esternamente in vari punti e riempita come una cassaforte di incredibili ricchezze artistiche. I piu’ grandi creativi si contendevano il privilegio di mettere mano e lasciare in questo luogo le loro opere: Ribeira, Lanfranco, Stanzione, la Gentileschi, Reni e molti altri, tra i quali persino Bernini padre e figlio e Vouet. Insomma, una sorta di Chemin des étoiles a Cannes, dove i divi internazionali di oggi vogliono imprimere le impronte di mani e piedi. Con una differenza: la Certosa di Napoli e’ un posto storico da secoli, pluristratificato di memorie articolate e testimonianze; quindi, all’epoca, lasciare li’ un segno era una cosa molto speciale, una sorta di passaporto per la gloria in saecula saeculorum.
Intuiamo dunque che questa struttura, in modo particolare dal Seicento in poi , sia diventata molto di piu’ di una Chiesa o di un monumento. Incuriositi, veniamo a sapere che i frati Certosini, da tempo immemore padroni di casa, tra il 1799 ed il 1866 sono usciti e poi rientrati per ben tre volte dalla costruzione , per poi lasciarla definitivamente allo Stato italiano, identificata come bene monumentale .
Insomma la Storia narra di una chiusura travagliata della volonta’ Controriformistica di realizzare una realta’ artistica a livello stratosferico. Questo inquadramento storico ci porta ad intuire che la Certosa non e’ solo una Chiesa, un monumento articolato anche con giardini , oggi un museo, piazze ecc. : e’ un posto dove esiste “ L’anima del luogo”, secondo la famosa definizione dello psicoanalista Hillmann. La Certosa ha una identita’ profonda di cultura e natura ( lo splendido posto dove sorge ) e li’ tutto e’ vivo e ci parla, opere artistiche comprese. Come ci parlano ? Attraverso il loro simbolismo e attraverso la visione storica della loro identita’.
Jose’ Vicente, autore di questo saggio, vive la Certosa di Napoli come un luogo dell’anima (sembra un bisticcio di parole, ma non lo e’ ). Un posto dove ha trovato degli aspetti e delle tracce di se’ stesso e dove torna volentieri, come d’altra parte anche a Napoli citta’. In una narrazione un po’ onirica che ha passaggi per argomenti , personaggi e tempi, Jose’ ci racconta le sue memorie sui dodici Profeti di Ribeira , ancora presenti sulle arcate di accesso alle cappelle della Chiesa, cioe’ sopra i punti di transito.
Lasciando al lettore la scoperta del significato dei Profeti per l’autore, noi torniamo ancora ad un piano storico – psicologico e proponiamo un ‘ipotesi di simboli e significati.
Questi Profeti – che per definizione hanno uno sguardo fisso nel futuro, oltre che nel presente – furono dipinti dallo Spagnoletto nel travagliato Seicento, secolo di crisi, colmo di guerre e varie difficolta’. E’ molto probabile che Ribeira abbia rappresentato ermeneuticamente nei Profeti dei simboli di profezie nelle difficolta’ e nei cambiamenti, tanto piu’ che la collocazione delle immagini sopra le arcate di accesso rappresenta di per se’ stessa i passaggi e i mutamenti.
I Profeti da quattro secoli cercano di capire anche “ dove va la storia umana”, e suggeriscono a noi posteri, con la medesima domanda, un atteggiamento riflessivo non travolto dalle passioni e dalle emozioni.
JOSE’ VICENTE QUIRANTE RIVES
DODICI ARALDI GRINZOSI. I PROFETI DI RIBEIRA NELLA CERTOSA DI SAN MARTINO
COLONNESE, NAPOLI 2024
Pag. 69, euro 8,00
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