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Lo Zibaldone

Diventare scrittori: il talento non è l’unico X Factor. Intervista a Gianrico Carofiglio e Paolo Di Paolo.

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Qual è il segreto per conquistare un editore? Come si fa a capire se si hanno le doti e le capacità adatte per diventare dei bravi scrittori? Gianrico Carofiglio e Paolo Di Paolo rispondono svelando che…

 

di Carla Iannacone

 

Uno è barese, l’altro è romano, ma sul mestiere di scrivere e sulle tecniche da adottare per diventare dei buoni scrittori la pensano alla stessa maniera (o quasi). Presentarli è persino pleonastico se pensiamo che il primo abbiamo imparato a conoscerlo con il personaggio dell’avvocato Guido Guerrieri e, a seguire, con tanti altri romanzi avvincenti sempre in vetta alle classifiche dei libri più venduti (ora  attualmente in libreria con Cocaina edito da Einaudi insieme a Giancarlo De Cataldo e Massimo Carlotto); nondimeno il secondo, noto al pubblico dei lettori coi romanzi La miracolosa stranezza di essere vivi, Questa lontananza così vicina e Dove eravate tutti, da dicembre alle prese con un progetto del tutto innovativo come l’Orlando, rivista di letteratura di cui è direttore, fondata in collaborazione con la Giulio Perrone editore.

Gianrico Carofiglio e Paolo Di Paolo, scrittori si nasce o si diventa?

G: Tutte e due le cose, ma solo nel senso però che le doti naturali hanno bisogno di essere coltivate e rinforzate. Senza una base di talento temo però che non ci siano molte possibilità. Naturalmente parliamo di scrittura narrativa, altre scritture si possono insegnare e imparare.

P: Diciamo che si nasce e si diventa, perché c’è un aspetto di talento che è indubbio sin da quando si è bambini. Puoi trovare in te stesso la spinta a scrivere, ma se non governi bene quel talento, se non lo disciplini, resta cieco. Bisogna che quel talento lo rendi consapevole, solo così si può diventare scrittori.

Allora possono servire le scuole di scrittura?

P: Può avere un senso se una scuola di scrittura la si intende come scuola di lettura perché non sono convinto che si possa insegnare a scrivere. Si può migliorare acquisendo dei consigli non solo dallo scrittore esperto, ma saper dedurre da ciò che si legge al punto che si riesca a imparare non da semplice lettore, ma da lettore – scrittore così da poter acquisire anche la tecnica.

G: Nei limiti di cui alla risposta precedente, sì.

Robert Louis Stevenson in un suo saggio afferma che per saper scrivere bisogna solo leggere quanti più libri possibili. Siete d’accordo con questa affermazione?

G: Non del tutto. Leggere moltissimi libri è importante, anzi indispensabile. Però naturalmente non è sufficiente.

P: Sì perché le scritture sono molto diverse tra loro. Si apprende tantissimo soprattutto da quelle molto lontane dal proprio modo di scrivere, aiutano ad ampliare la propria gamma di sfumature.

Ci sono alcuni elementi essenziali e indispensabili che deve avere un manoscritto quando lo si vuole sottoporre all’attenzione di un editore? E, se sì, quali sono questi elementi?

P: Ciò che conta agli occhi di un editor è riconoscere la “voce” dell’autore, tale da evidenziare un’originalità che sia frutto di una consapevolezza di un talento disciplinato, e non solo il frutto di quel che si vede sulla pagina. Riesca a sentire quindi tra le tante note che legge quella che suona in modo diverso, non solo perché è scritta in un certo modo, ma perché quella storia è raccontata in modo consapevole, ingegnoso e preciso. Il manoscritto manifesta la precisione con cui è stato portato avanti quel lavoro.

G: Conviene che sia scritto bene. (Ride).

Cos’è che fa un buon libro? La storia o il personaggio?

G: Dipende dai libri, dai lettori e dagli autori. Se devo proprio scegliere preferisco  personaggi interessanti alle storie ben architettate. Se ci sono tutti e due gli elementi però è meglio.

P: Una somma delle due cose, anche se poi non basta neanche la storia del personaggio perché bisogna possedere lo stile e la lingua giusta per raccontarla, a patto però che non sia una lingua sciatta. Ogni parola deve essere pesata. Non è tanto la quantità che fa la differenza ma la qualità delle parole che si scelgono.

Perché è sconsigliato esordire con una raccolta i racconti o delle poesie preferendo ad essi un romanzo o un saggio?

G:  Racconti e poesie hanno poco pubblico. Dunque è ancora più difficile ottenerne la pubblicazione.

P: Il mercato è molto meno recettivo rispetto alle poesie e racconti. In linea di massima i lettori preferiscono leggere un romanzo invece che una raccolta di racconti perché nel primo ci restano, abitano in quella storia a lungo, mentre nel racconto passi da un habitat ad un altro. Per quanto riguarda le poesie il mercato non le riceve neanche, nonostante paradossalmente è più ampio il numero di chi scrive poesie che non di chi le legge.

 

Se un giorno in televisione proponessero per assurdo un reality basato sugli esordienti scrittori, voi sareste favorevoli?

P: Sarebbe un’esperienza, con l’unico problema che recitare, cantare, ballare funziona agli occhi dello spettatore perché si assiste ad una esibizione. Al contrario, la scrittura, mentre la si fa, non ha niente di spettacolare. Tuttavia sarebbe divertente vedere un candidato che ha un tempo per scrivere e un tempo per poter leggere quello che ha scritto sì da poter rendersi conto subito della reazione della giuria, a quel punto composta da scrittori, critici e lettori; sarebbe un’occasione per misurarsi direttamente con qualcuno che diventa immediatamente il tuo pubblico, oltre a misurare direttamente l’emozione con la giuria come succede con una canzone. Perché no? Chissà… magari prima o poi accadrà.

G: Mi spiace ma davvero non amo i reality.

 

Paolo, da poco è nata la rivista Orlando di cui sei direttore. Di cosa si tratta, come è strutturata, a chi si rivolge…ce ne vuoi parlare?

È una rivista cartacea (con cadenza trimestrale, n.d.r.) che avrà anche una versione iPad. Il problema oggi è trovare uno spazio visto che ce ne sono tante in giro. Abbiamo voluto fondare una rivista di tipo “laboratoriale” priva di recensioni, che non contenesse narrativa e poesia inedita per evitare di ingolfare i contenuti. L’innovazione consiste nel fatto che è una rivista aperta a tutti, può scrivere chiunque e che chiunque scriva si confronti con un tema in modo da ripristinare un legame con la scrittura che nasce anche su commissione. Nel primo numero, ad esempio, avevamo come tema Lettori forti, lettori fortissimi, il prossimo – che uscirà a marzo – avrà come tema Dove mi sento a casa.

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