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Lo Zibaldone

Dio, la scienza, le prove. L’alba di una rivoluzione

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di Francesco Roat

Che sappiamo davvero intorno alla origine dell’universo? La domanda, che l’uomo si è sempre posto sin dalla più remota antichità, è una di quelle ‒ davvero universali ‒ da far tremar le vene e i polsi, per dirla con Dante. La scienza del Novecento ha cercato di rispondere a questo cruciale interrogativo tramite la teoria detta del Big Bang. Secondo tale teoria, il cosmo sarebbe stato originato da un’esplosione innescata da uno stato iniziale (chiamato anche singolarità) contraddistinto da densità e temperatura altissime; e a partire da detto Grande Scoppio ‒ avvenuto circa 13/14 miliardi di anni fa ‒ questo punto iniziale si sarebbe espanso quindi alla velocità della luce in ogni direzione, dando origine così all’universo.

Stante tutto ciò, ulteriori domande si pongono, o quantomeno se le sono poste gli studiosi francesi Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies all’interno di un libro che sta facendo scalpore un po’ ovunque. Antecedentemente alla nascita del tempo ‒ che prende avvio a partire dal del Big Bang ‒ e prima della comparsa della materia cosa (o chi) c’era? E ancora: “come è possibile concepire questa realtà atemporale e immateriale? Siamo in grado di immaginare un’entità che possieda tali attributi? L’esistenza di un dio creatore immateriale situato al di fuori del tempo e dello spazio non rappresenta forse la spiegazione più naturale?”.

Potremmo dire, in estrema sintesi, che lo scopo del voluminoso saggio (ben 610 pagine) sia un po’ tutto qui. Ovvero il tentativo di fornire le prove dell’esistenza di un dio creatore, visto alla luce della scienza e non già della spiritualità religiosa. Anche solo partendo da una considerazione, credo abbastanza condivisibile: quella per cui l’universo risulta organizzato/regolato da leggi, costanti e parametri talmente complessi, articolati nonché interagenti fra loro in modo oltremodo mirabile da far supporre che esso non sia nato per puro caso.

Se poi prendiamo in considerazione la biologia e la nascita della vita, dobbiamo ammettere con i nostri autori che: “Si è trattato di un salto di un’enorme complessità. Poiché ha richiesto il concorso di numerosi fattori, tutti estremamente improbabili”, se li consideriamo frutto della mera casualità. Fra le molteplici osservazioni riportate nel saggio, ne prenderò qui in esame soltanto una: la più eclatante. Essa riguarda il formarsi di una proteina per puro caso, tenendo conto che le proteine sono composte da catene di amminoacidi il cui numero può raggiungere diverse migliaia. Ma quale è la probabilità che una catena di mille amminoacidi di 22 tipi diversi si disponga accidentalmente nell’ordine giusto? Ciò è proprio quanto chiedono in modo retorico ai lettori Bolloré e Bonnassies.

La risposta dei due (l’eventualità è circa di 1 su 101500) viene pure tradotta, per i non addetti ai lavori, in una frase piuttosto significativa: “Una probabilità del genere è inferiore a quella di fare un 6 secco al Superenalotto per 170 estrazioni di fila”. Se ciò corrisponde alla realtà c’è proprio da rimanere stupiti. E torniamo all’ipotesi del dio creatore, molto caldeggiata in questo libro, e che ricompare un po’ in ogni suo capitolo. Ipotesi che si cerca di avvalorare attraverso una serie corposa di dati, che costituirebbero le ritenute prove scientifiche, le quali, se non dimostrano proprio l’esistenza di un dio, cercano almeno di documentare la presenza ovunque nell’universo ‒ dal microcosmo dell’atomo al macrocosmo delle galassie ‒ d’una sorta di intelligenza.

Tuttavia, non volendo affatto stigmatizzare la razionalità e i procedimenti scientifici, è bene comunque evidenziarne i limiti interpretativi (che sono poi quelli di ogni linguaggio), purtroppo poco riconosciuti da un modo di porsi impregnato d’un retaggio positivistico e della credenza nell’esattezza ‒ vista come corrispondenza al vero ‒ della scienza. Un modo di pensare purtroppo ancora presente nel terzo millennio ad onta delle critiche analisi epistemologiche operate nel secondo millennio da Popper, Kuhn, Feyerabend e vari altri pensatori. In parole povere, come le classiche prove dell’esistenza di dio escogitate dai filosofi hanno mostrato la loro inconsistenza, pure quelle messe in campo dagli scienziati sono ben lontane dall’essere appieno convincenti.

Per di più, rifarsi al concetto di un dio creatore come causa della messa in moto dell’universo, apre comunque un ulteriore interrogativo a cui è arduo anche solo tentare di rispondere: ovvero donde proverrebbe e come si sarebbe generata la intelligenza/potenza di tale causa prima incausata? Altro problema è poi dato dal fatto che in questo pur stimolante saggio si parla solo della divinità giudaico-cristiana, della Bibbia e di Cristo, non prendendo nemmeno in considerazione altre visioni intorno al divino, quali ad esempio quelle dell’induismo o del taoismo, a cui nel mondo si fa pure ancor oggi gran riferimento. Nel libro si tratta inoltre pure di miracoli, di Fatima e di fin troppi altri argomenti analoghi, mentre alla mistica ‒ ambito spiritual-religioso di somma rilevanza ‒ viene dedicata solo qualche riga.

Per concludere aggiungerò appena che il vocabolo dio rappresenta un termine sommamente metaforico, nel senso che allude ad un oltre e ad un’alterità riguardo ad ogni ambito discorsivo; esso è simile al dito che indica la luna, è segno d’altro rispetto a quanto è possibile dire per verba: attraverso le parole. Come ebbe infatti a scrivere Agostino, essendo dio l’ineffabile, dobbiamo ammettere che intorno ad esso: «qualunque cosa si può dire non è l’ineffabile», che siamo tenuti a riconoscere la nostra «ignoranza» nei suoi confronti e che solo: «tacendo si penserebbe forse qualcosa degna dell’ineffabile».

Michel-Yves Bolloré, Olivier Bonnassies, Dio. La scienza. Le prove. L’alba di una rivoluzione, Edizioni Sonda, 2024, pp. 610, euro 24,90

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