Religione
Cristianesimo e modernità
di Francesco Roat
Guglielmo Forni Rosa, in un testo di recente pubblicazione che raccoglie suoi numerosi contributi saggistici apparsi su rivista o in volume, si interroga su una questione certo di non poco conto – o forse meglio: su un ampio gruppo di tematiche, sempre tuttavia legate all’argomento principale ‒ ossia il complesso rapporto fra la modernità (attualità compresa) ed il cristianesimo: tema che da vari anni occupa l’interesse del Nostro non solo dal punto di vista dello storico del pensiero religioso e filosofico occidentale ‒ qual egli è ‒ ma pure dalla prospettiva di un credente che si/ci domanda appunto che cosa significhi, implichi e comporti essere davvero, e non meramente dirsi, cristiani oggi.
Tenendo conto innanzitutto del fatto che la fede/credenza nel messaggio evangelico: “non è un’adesione, un consenso formale a certe tesi astratte, ma ci chiede di praticare, di vivere una certa visione delle cose”. Ed in secondo luogo di come il linguaggio tradizionale religioso nel terzo millennio appaia alla nostra sensibilità sicuramente datato e per molti aspetti superato; ad esempio risulta evidente ‒ nota condivisibilmente l’autore ‒: “che la differenza tra cielo e terra (intesa come la differenza tra spirito e materia, superiore e inferiore, e così via) non significa nulla per noi”. Resta però da considerare che il mistero cui alludono i testi sacri, nelle loro formule più o meno metaforicamente pregnanti, rimane pur sempre un “dono” da apprezzare ancora.
Altro aspetto significativo su cui riflettere è, da parte di molti sedicenti cristiani, lo slittamento dalla appartenenza ad una religione/chiesa specifica (ovverossia a un sistema solidale di credenze e di pratiche relative a cose sacre, per dirla con Durkheim) verso una religiosità alquanto generica e indefinita, priva di condivisi riferimenti dottrinali. Ma se l’autentica fedeltà/devozione a Gesù non è data dal genuflettersi acritico nei confronti dei dogmi ingiunti ai credenti quali imperativi articoli di fede, va pur tenuto (in gran) conto che ‒ sostiene Forni Rosa, auspicando un ritorno alla sequela Christi ‒: “il rapporto con il Padre che Cristo ha praticato e diffuso è il modello di ogni rapporto che l’uomo instaura con il divino all’interno del cristianesimo”.
Sezione cruciale del testo mi sembra comunque l’attualissimo capitolo quarto, dove l’autore parte da una considerazione basilare e inoppugnabile. “C’è un pianeta sull’orlo della fame e della guerra, con alcune isole felici che si difendono con ogni mezzo dall’infelicità montante” ‒ nota a mo’ di premessa e poi ci/si chiede ‒: “Perché non partire da questo, e dalla posizione pratica, dall’orientamento di vita che la morale o la religione ci chiedono in queste circostanze?”. Segue un fermo j’accuse nei confronti d’una società e d’una cultura all’insegna dell’individualismo esasperato, del capitalismo disumanizzante e del consumismo deleterio. Ma non solo: la critica è pure rivolta alla Chiesa cattolica, la quale finisce per rimanere ancora legata ad un sistema/potere che essa biasima perbenisticamente, a parole, ma che poi finisce, in concreto, per non contrastare.
Le puntualizzazioni dell’autore suonano risolute e inequivocabili: “Chi vuole dunque essere cristiano oggi, deve affrontare una questione politica: perché l’attuale organizzazione della vita, diretta in ultima analisi dalle grandi concentrazioni di potere privato, secondo criteri e valori che contraddicono punto per punto la concezione evangelica (…), perché questa organizzazione è completamente accettata dalla Chiesa cattolica?”. Così, paradossalmente ma non troppo, secondo Forni Rosa il successo che ancora arride nel mondo al cristianesimo, per essere coerente col suo Fondatore, dovrà tendere verso l’insuccesso: nel senso di perder consensi fra i conservatori ma favorire quanto non è ancora accaduto e dovrebbe accadere; operare cioè: “un avvicinamento generoso e attento a quei popoli, cristiani o no, che vengono continuamente massacrati, affamati, deportati sotto i nostri occhi”.
E, a proposito del tanto celebrato ecumenismo, come non raggiungere finalmente la consapevolezza che le idee fondamentali di tutte quante le religioni siano le stesse, ad onta delle differenze da ritenersi pur sempre marginali e secondarie? Forse occorrerà giungere a ciò che Simone Weil ‒ autrice amatissima e citatissima dall’autore ‒ auspicava come «un cristianesimo modificato al punto da essere diventato altro», per: “una nuova comprensione della vita e del mondo”, al di là di ogni artificiosa/saccente teologia. Emerge quindi un po’ da tutto il libro l’urgenza di promuovere (cristianamente) un nuovo umanesimo. Non a caso Forni Rosa elogia papa Francesco, sottolineandone l’indubitabile e condivisibile “anti-capitalismo” e la consapevolezza: “che la critica morale o moralistica è impotente contro il predominio della finanza e della speculazione”. Ne consegue di necessità che la chiesa ‒ è quanto lo stesso Bergoglio scrive in Evangelii gaudium ‒: «non può e non deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia». Parole sante, verrebbe da dire.
Guglielmo Forni Rosa, Cristianesimo e modernità, Le Lettere 2021, pp. 154, euro 16,00
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