Lo Zibaldone
Con parole precise, breviario di scrittura civile
Gianrico Carofiglio spiega l’importanza del linguaggio nel suo ultimo libro Con parole precise, breviario di scrittura civile
Non è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza.
Sono le parole del filosofo John Searle da cui Gianrico Carofiglio prende spunto per parlare del suo ultimo libro edito da Laterza (pp. 192, prezzo €. 15,00), Con parole precise,breviario di scrittura civile. Un testo che riprende il tema lanciato nel 2010 con La manomissione delle parole sull’importanza del linguaggio in una società civile.
L’autore è perlopiù conosciuto dal pubblico come scrittore di romanzi ma, come spiegato dallo stesso Carofiglio, in occasione della presentazione del libro, le ragioni che lo hanno spinto a scrivere questo breviario sono due: una personale e l’altra politica (legate indissolubilmente tra loro).
La ragione personale è data dal fatto di provare «fastidio, disagio, quasi imbarazzo» (cit. dalle parole dell’autore) «dal contatto sistematico nel sentir parlare la lingua del potere», un linguaggio spesso manomesso, plasmato e (ormai) cristallizzato dai mass media, da politici, imprenditori, attraverso l’uso smisurato delle metafore come «scendere in campo» (Berlusconi docet!), «salire in politica», «la buona volta, la buona scuola» eccetera. Con questo saggio Carofiglio vuol far riflettere sull’uso che viene fatto delle parole, e di come sia indispensabile adoperarle in maniera giusta, corretta, civile, invece che farne un uso sciatto e inconsapevole manipolandone deliberatamente i significati, ottenendo per effetto il logoramento e la perdita di senso. La civiltà è lo specchio della democrazia di un popolo; la democrazia non è comando, potere alla società, ma un processo di partecipazione attraverso il dialogo, e cos’è che identifica maggiormente una società se non la lingua? Essa è la spia fondamentale della società civile, dire qualcosa comporta un impegno di verità e di correttezza nei confronti dei destinatari. Non osservare questo impegno significa mettere in pericolo il contratto sociale di una comunità, cioè la fiducia in un linguaggio condiviso.
Le parole servono a comunicare e proprio per questa loro attitudine hanno anche il grande potere di trasformare il mondo e non involgarirlo attraverso il plebeismo del linguaggio. Le metafore, di contro, sono quanto di più occulto possa esistere per anestetizzare le coscienze, evocano dimensioni interiori che hanno bisogno di essere ancora elaborate disperdendo i significati. Per questo occuparsi del linguaggio pubblico e della sua qualità non è un lusso da intellettuali o una questione accademica. È un dovere cruciale dell’etica civile.
Insomma, come affermava Raymond Carver: «Le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste».

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