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Lo Zibaldone

Charlotte Link, la nuova regina del thriller

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Costruisce thriller psicologici appassionanti, da leggere senza respiro, e confida di prendere ispirazione dalla realtà, che è sempre più agghiacciante di ogni fantasia. Arriva dalla Germania, e ogni suo romanzo è un successo. Anche in Italia, dove ha già venduto oltre mezzo milione di copie.

I profondi occhi verdi, i capelli scuri, il sorriso cordiale, il portamento elegante, uno stile naturale che sembra avvolgerla tutta, lei così bella che potrebbe essere un’attrice,  e invece ha scelto di fare la scrittrice. Una scelta che le ha dato ragione, perché ogni suo libro è un bestseller, che ha superato i confini della Germania, suo paese natale, e ha conquistato le classifiche internazionali.

I suoi primi romanzi erano a sfondo storico, ma poi Charlotte Link ha capito che le piaceva scrivere thriller psicologici, quasi una sfida agli autori del grande nord che negli ultimi tempi hanno frequentato questo genere con crescente successo, forse perché le piace entrare nel carattere dei personaggi, introdursi nei meandri più aspri della psiche e scavare in profondità. Adesso è appena uscito Oltre le apparenze, storia di un uomo dal carattere difficile che osserva le vite degli altri, specie quelle femminili, quasi illudendosi di vivere al loro fianco, condividere a distanza le loro giornate, e invece è solo una fuga da se stesso. Mentre Londra è sconvolta da una serie di efferati omicidi di donne, e la polizia cerca uno psicopatico che prima di ucciderle le osserva da vicino… Insomma, tutti gli ingredienti per sedurre di nuovo gli appassionati di crudeltà e alta tensione, come già era successo con Nemico senza volto e Nobody.

Quando parla, la signora è cordiale e disponibile: racconta della sua vita tranquilla, con il marito e i due figli, i tre cani e tutti quelli di cui si occupa con la protezione animali, e poi i suoi riti di scrittura, sei ore ogni giorno, in silenzio,  per estraniarsi da tutto ed entrare nelle sue storie… Sorride, quasi a voler stabilire un’intesa, e la sua voce calda addolcisce il ruvido accento tedesco.

Lei è una scrittrice molto prolifica, ed è diventata presto una primadonna dell’editoria. Quando ha capito che scrivere era il suo mestiere, quello che avrebbe fatto da grande?

Ho scritto il mio primo romanzo a sedici anni, con quell’entusiasmo giovanile che non sai mai a cosa ti porterà… Si intitolava The beautiful Elena e, incredibilmente, non fu difficile trovare un editore che decise di stamparlo. Ma la cosa più straordinaria era che poi qualcuno mi avrebbe letto… Lì ho capito che era l’inizio della mia strada, perchè scrivere era la cosa che mi piaceva di più. Anche se sapevo che era un mestiere difficile. Non  ho frequentato scuole di scrittura creativa, né studiato tecniche per la costruzione di un romanzo. Ho sempre seguito il mio istinto, ma certo non avrei mai pensato che questa passione potesse diventare un lavoro vero, e poter vivere di questo… Sono stata molto fortunata.

 Il thriller psicologico è il genere a cui si sente più vicina, o c’è anche un po’ di attenzione ai gusti del pubblico?

Io scrivo le cose che mi piacciono, che mi entusiasmano perché, dopo tanto tempo e tanti romanzi, debbo ancora sentirmi coinvolta nelle storie. Non riuscirei a farlo solo per mestiere. Certo, se il pubblico ama questo genere e mi segue, sono ancora più felice.

Quali erano i libri che leggeva da ragazzina, e quale era il suo genere preferito?

Inizialmente, ero affascinata dai romanzi storici: mi piacevano le storie di un tempo lontano, immaginavo personaggi e abiti e luoghi come proiezioni di un film d’avventura. Poi, crescendo, sono passata ai thriller, soprattutto di autori inglesi, e mi sono appassionata tantissimo a questo genere, che è capace di prenderti e non lasciarti più finchè non arrivi all’ultima pagina. Leggevo Agatha Christie, Edgard Allan Poe, Conan Doyle, James Ellroy, e forse un po’ mi hanno anche influenzato…

Viviamo in una società violenta: omicidi quotidiani, donne uccise da ex-mariti o amanti, stragi nelle scuole da parte di ragazzi disagiati… le cronache l’aiutano a inventare le sue storie?

Prendo ispirazione proprio dalla quotidianità: spesso quello che accade all’interno della nostra società è più assurdo e agghiacciante di quello la fantasia potrebbe mai concepire. Fortunatamente, attorno a me non accadono cose troppo estreme, ma basta leggere i giornali o accendere la tv per rendersi conto di quanta violenza c’è ogni giorno, in qualsiasi ambiente.

Preferisce protagonisti maschili o femminili?

Mi sembra più facile parlare di personaggi femminili, perché sono più simili a me e perché so più cose delle donne, mi pare di conoscerle meglio. Degli uomini, ovviamente, so meno, e a volte li trovo anche meno interessanti come personaggi.

Si deve diffidare di un uomo che ama troppo le donne, come nel suo romanzo?

Se si considera la parola “troppo” come legata a una malattia psichica, allora sì, si deve diffidarne. Ma bisogna sempre vedere se l’uomo è affetto da una patologia di questo genere, stabilire se c’è una malattia… Si deve andare a fondo, e non liquidare i comportamenti e i fatti in modo sommario.

Pensi a uno spot pubblicitario di Oltre le apparenze.

Sono la persona meno adatta per farlo, perché significherebbe comprimere tutta la storia in una singola affermazione efficace. Come quando mi chiedono di riassumere la trama in tre frasi. Non ci riesco. Io so scrivere seicento pagine in un anno e mezzo, ma non poche righe in poco tempo. Forse, bisognerebbe chiederlo ai lettori, che sono sempre di più, anche in Italia…

 

Lucia Castagna

 

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