Junior
C’era una volta la fiaba…e c’è ancora!
Già, perché passano gli anni, si trasformano le mode, evolvono i gusti di giovani e adulti, eppure, soprattutto in questo periodo natalizio, librerie e cinema ripropongono un variegato repertorio fiabesco, che rende un evergreen questo genere che affondala sue radici in tempi remoti. Si va da sofisticati prodotti cinematografici, si pensi al recente sequel del disneyano Frozen o all’ennesima versione di Pinocchio, diretta stavolta da Matteo Garrone che già nel 2015 con Il racconto dei racconti aveva portato sul grande schermo una rilettura di tre fiabe del Basile. Ma sono anche i libri con le loro copertine cartonate e patinate ad attrarre i giovani lettori: e accanto alle raccolte canoniche dei Grimm o del nostro Calvino, fanno bella mostra di sé nuove pubblicazioni, come le Fiabe Norvegesi (Iperborea, 2019), Il grande libro delle fiabe di Peter Holeinone (Dami editore, 2019) o il Cappuccetto rosso in pittogrammi di Sandro Natalini (EDT-Giralangolo, 2019), o ancora Le piu belle fiabe classiche riproposte dalla De Agostini che in quaranta numeri a cadenza settimanale ripropone le narrazioni più celebri e antiche.
L’origine della fiaba, infatti, – come del resto quella del mito, di cui la fiaba secondo alcuni sarebbe una derivazione- va recuperata in quell’epoca che corrisponde nella concezione vichiana all’infanzia dell’umanità, quando l’uomo avvertiva con animo perturbato e commosso e trasferiva in forme favolose o, appunto, mitologiche, i misteri dell’universo e dell’animo umano. Se però la poesia epica, in cui parte dei miti avrebbe trovato una codificazione letteraria illustre, sarebbe tramontata col finire degli dèi falsi e bugiardi, la fiaba, proprio per i suoi connotati fantastici, continuò a esistere, magari nei modi e nelle forme delle culture subalterne.
Nell’irreale universo fiabesco infatti il popolo cristallizzava paure e dubbi ancestrali, perpetuava quei residui naturalistici che le nuove forme liturgiche non riuscivano a sradicare, sintetizzava in moduli e schemi ripetitivi e intercambiabili le fasi salienti della vita umana e ancora veicolava valori, tradizioni, tabù di pregresse ritualità che riuscivano a coesistere, combinandosi in originali sincretismi, con le nuove forme di cultura e religione spesso imposte dal potere. Il tutto, con un occhio rivolto al presente – e a un’interpretazione cosmologica di una realtà i cui ritmi, spesso crudeli, rimanevano incomprensibili all’ingenuo intelletto dell’uomo primitivo -, e uno al futuro: affinché le generazioni a venire acquisissero, pur con limiti e deformazioni che una tradizione orale comporta , un patrimonio di spicciola saggezza popolare cui attingere e fare riferimento in svariate occasioni della vita.
E’ anche per questo che la fiaba ha continuato a esistere nelle culture, non solo primitive, del pianeta, è per questo che il disincantato lettore contemporaneo non disdegna il linguaggio che maghi fate folletti parlano al suo cuore, ed è soprattutto per tutto questo che la fiaba nella sua struttura nei suoi significati e molteplici risvolti (sociali religiosi magici) continua a essere ancora oggetto di studi e di dispute scientifiche: si pensi solo a quella relativa al mistero della sua origine che le varie teorie proposte a riguardo (poligenesi, teoria mitica, indianista ecc.) non sono riuscite a risolvere.
Ma ciò poco o nulla influisce sulla fortuna di questo genere narrativo che continuerà a esistere grazie alla capacità di modificarsi e adeguarsi ai tempi, riuscendo però a conservare quella che l’antropologo Luigi Lombardi Satriani reputa la peculiarità fondamentale della fiaba: quella di essere una menzogna convenzionale che ha però dalla sua parte la verità della poesia.
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