Lo Zibaldone
Ballata e morte di un gatto da strada
di Luigi Panico
Smessi temporaneamente i panni del musicologo Gildo De Stefano cerca di incoraggiare il suo desiderio, spesso espresso, per la narrativa, e lo fa non discostandosi troppo dalla sua sfera di competenza saggistica che è quella dell’universo afroamericano. Lo fa proponendoci questo suo esordio e presentandoci un romanzo storico sulla figura del teorico rivoluzionario Malcolm X, dal titolo “Ballata breve di un gatto da strada”, (Nua Edizioni) che ad oltre mezzo secolo dalla morte, il suo pensiero rappresenta un crocevia obbligato, in cui si rispecchiano i problemi relativi all’identità, alle radici del razzismo e, soprattutto, le vie per un possibile riscatto. Nell’ultimo ventennio il richiamo alla sua figura è stato fatto con sempre maggiore puntualità dalla rigogliosa nuova scena intellettuale afroamericana (dal cinema, alla letteratura, per arrivare alla cultura hip-hop), mentre i suoi testi vengono studiati come paradigmatici di una situazione che non ha ancora trovato adeguata soluzione.
Il romanzo di De Stefano, che si arricchisce di saggi introduttivi, postfazione e cura di tre dei più autorevoli americanisti d’Italia, Claudio Gorlier, Walter Mauro, e Roberto Giammanco, è posizionato in biblico fra realtà e fantasia fermo restando tuttavia dialoghi e personaggi veri, tale da permettere di comprendere appieno il tragitto teorico ed esistenziale che condusse il protagonista nero ad abbandonare la Nazione dell’Islam e con essa la precettistica musulmana, per approdare finalmente a un approccio politico dalle forti tinte d’impegno sociale.
La ‘Ballata’ inizia in un modo avvincente che trasporta indietro di un quarto di secolo le atmosfere tipiche dei primi saggi dell’autore. La ricostruzione dei ghetti di Boston e di New York nel secondo dopoguerra è un’ispirata comfort zone. Il futuro attivista-rivoluzionario e il suo compare Shorty sono solo dei ladruncoli che cercano la legittimazione dei bianchi e le briciole dei loro lussi, fino al momento decisivo in cui la coppia di teppisti finisce in carcere con la piena consapevolezza almeno del giovane Malcolm. Il ritmo narrativo è vivace e il tessuto dialogico è mosso da un imprimatur cinematografico di far rivivere l’epopea dei luoghi più amati e odiati. Le descrizioni delle sale da ballo sono elaborate e minuziosamente delineate con i reali personaggi della scena jazzistica newyorkese a cui il protagonista si associava. Non è sicuramente un caso che il suo compagno di avventure di quell’epoca sia anche un sassofonista dilettante.
Un romanzo storico di ampio respiro, in definitiva, su una personalità molto affascinante. Un libro fondamentale per riflettere sul razzismo e la discriminazione. Ma anche dramma biografico che adotta minuziosamente l’impianto ‘Autobiografico di Malcolm X’ scritto da Alex Haley, elevandolo a mezzo per una necessaria presa di coscienza sull’impegno afroamericano, alla stregua di Spike Lee in campo cinematografico. Il risultato che offre il musicologo partenopeo è un testo che evita di scolpire il busto di un eroe senza macchia, ma ne racconta diffusamente l’evoluzione e la crescita, dando grande spazio alla gioventù criminale e alle fasi più controverse (ma debitamente circostanziate) dell’attivismo politico, dal separatismo nero alla contrapposizione anche violenta con la cultura bianca.
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