Lo Zibaldone
Annibale Gagliani: “Romanzo Caporale”
Annibale Gagliani (Mesagne, 1992) è un professore di lettere, giornalista e scrittore. Laureato in Lettere Moderne, si è specializzato in insegnamento della lingua e della cultura italiana agli stranieri. Nel 2018 pubblica per IQdB Edizioni “Impegno e disincanto in Pasolini, De André, Gaber e R. Gaetano” e “Ground zero – Post-liquidità generazionali”. Nel 2019, sempre per IQdB Edizioni, pubblica il suo terzo lavoro editoriale “Romanzo caporale”. Ha ideato e diretto per la casa editrice I Libri di Icaro una collana di saggistica, inchiesta giornalistica e romanzi noir titolata “Sōkrátēs”. Ha tenuto seminari di linguistica italiana in relazione al cantautorato in diversi Atenei italiani, e partecipato come relatore a convegni di rilevanza internazionale.
«Ci presenti la tua nuova opera Romanzo Caporale?».
Romanzo caporale è un viaggio interiore che parte dall’epilogo dell’esistenza, raccontando la storia nella storia di un giovane leader politico del Kenya, costretto a scappare dal proprio Paese a causa della corruzione, percorrendo la tratta disumana del Mediterraneo col sogno di poter regalare un avvenire di pace alla propria moglie e al proprio figlio. Arrivato in Italia, si stabilisce nel Salento, tentando ogni soluzione per poter essere incluso nel tessuto sociale, alternando lavori duri e conoscendo persone umili che lo aiuteranno inserirsi. Ma sullo Stivale l’intolleranza è imperante: l’immigrato è oggetto di incomprensioni e razzismo. Il fallimento del suo progetto di salvezza lo porterà a essere risucchiato nei meccanismi infami del caporalato, diventando addirittura bersaglio di gruppi neonazisti che ne determineranno la fine. In particolare, a Otranto, il protagonista ritrova la terra rossa del suo Kenya sulla Cava di Bauxite, luogo in cui deciderà di togliersi la vita riunendosi alla madre che non ha mai conosciuto. Il libro vuole distruggere gli stereotipi attorno alla questione migranti e allo sfruttamento dell’Africa, facendo luce sulla corruzione dell’uomo nei nostri giorni e sui caporali che indossano maschere da gente comune.
«Il protagonista senza nome di Romanzo Caporale è un ragazzo del Kenya che ricorda l’Alì dagli occhi azzurri di Pier Paolo Pasolini, e che viene da te definito un “sognatore dai sogni ripetutamente disintegrati”. Vuoi descrivercelo?».
Il sognatore innominato nasce, cresce e impara ad amare in un piccolo villaggio del Kenya, in mezzo al nulla più assoluto, ma con la ferrea educazione trasmessa da un padre vedovo e con fiumi di cultura donati da un prete missionario e da un’insegnante londinese. I libri portati da queste figure sono determinanti per la formazione della sua sensibilità. Da adolescente scopre i discorsi di Thomas Sankara sul panafricanismo e le poesie di Leopold Senghor: da quel momento nutre un unico desiderio: mettersi a disposizione della sua gente affinché cessino per sempre i colonialismi americano e cinese e regni finalmente la pace sull’insensata guerra civile tra etnie keniote. La vita lo porta continuamente a essere avvolto da buio, tanti ostacoli lo metteranno al tappeto, ma lui come Sisifo, porterà il masso sopra la montagna. Ricercherà l’amore della madre, morta di parto durante la sua nascita, nelle relazioni affettive con diverse donne, sei all’interno della sua storia, che rappresentano un’occasione di miglioramento e un vortice emozionale nel viaggio esistenziale.
«Uno dei temi più forti presenti nel tuo romanzo è la piaga del caporalato, che purtroppo non si è mai estinta in Italia. Vuoi spiegare di cosa si tratta a chi non ha familiarità con questo termine?».
All’interno del romanzo il caporalato non è definito solo come sfruttamento lavorativo, bensì come caporalato dello spirito: ci sono caporali che non si fanno problemi a schiacciare il prossimo per favorire il proprio tornaconto o gli interessi del clan del quale fa parte in qualsiasi settore. Nello specifico, il caporalato pugliese, immerso nelle campagne e spesso comandato da imprenditori che portano i loro prodotti nella filiera del mercato nazionale, vede mediatori efferati organizzare contadini disperati in squadre, prelevandoli dalle proprie abitazioni con furgoni fatiscenti per poi portarli nei campi per farli lavorare per due o tre euro l’ora fino a tredici o quattordici ore. I lavoratori pagano a essi il trasporto giornaliero e in molti casi abitano abusivamente ma in affitto dentro casolari o baracche gestite dai mediatori stessi, con condizioni igieniche mostruose.
«Un altro importante tema sviscerato nel tuo romanzo è l’indifferenza civile e istituzionale che lascia sole le categorie più deboli della società, come appunto gli immigrati. Pensi che la storia raccontata in Romanzo Caporale e in generale la letteratura possano contribuire attivamente a smuovere le coscienze sui problemi del nostro tempo?».
La letteratura può dotare di un senso critico le messe, dando la giusta cognizione della realtà e ampliando la sensibilità di ogni singolo individuo. Gli argomenti trattati nel libro sono giornalmente vessati da un misticismo funzionale per chi vuole fare delle tragedie uno strumento di consenso e leadership politica. È necessario tornare a pesare la persona e non la maschera, avendo piena coscienza dell’attualità attraverso una buona informazione della storia e degli eventi mondiali. Siamo storie nella storia e le nostre azioni ricadono sull’altro. Solo la buona cultura può farci commettere meno errori.
«Quali sono le opere e gli autori che hanno influenzato il tuo percorso umano e professionale?».
I miei modelli sono Pier Paolo Pasolini, Albert Camus e Leonardo Sciascia. Altri grandi intellettuali che mi hanno ispirato sono Giorgio Gaber, Fabrizio De André e Rino Gaetano.
«Hai ideato e curato la collana Sōkrátēs della casa editrice I libri di Icaro. Di cosa tratta la collana, e come l’hai strutturata? Ci sono titoli che ti senti di suggerire?».
Sōkrátēs è una collana che raccoglie l’inchiesta giornalistica sulle nuove mafie, saggi d’approfondimento culturale, narrativa storica e ha come obiettivo un dialogo con il lettore in grado di far elevare il suo senso critico e il suo spirito etico di un popolo. Il nome della raccolta è un ringraziamento al padre della filosofia morale, Socrate, cesellatore del confronto leale per eccellenza, fatto di tesi, antitesi e dilemmi, libero da qualsiasi forma di servilismo o accattonaggio individualista. Il Maestro di Atene ha perso la libertà e la vita per la difesa dei suoi perché. Gli autori della collana, nel loro piccolo, nutrono la stessa idea: sono giovani intellettuali che vengono dal giornalismo di strada, dal cinema, dal teatro, dall’accademia nazionale e internazionale.
«Di cosa parla il tuo saggio Impegno e disincanto in Pasolini, De André, Gaber e R. Gaetano?».
Quattro fuoriclasse del nostro Novecento: un professore, un filosofo e due poeti. In un frangente storico di profonda povertà valoriale e artistica, essi ci indicano la strada verso l’Umanesimo Nuovo, analizzando emozionalmente e asetticamente gli ultimi centosessant’anni d’Italia e del mondo. I Quattro emanano una luce invincibile, in grado di penetrare nelle tenebre contemporanee che svuotano progressivamente l’individuo. La loro arte è disincanto allo stato puro: poesia, prosa, cinema, teatro e musica: le armi più potenti per sfuggire all’omologazione socioculturale del Duemila. Il 68 è un grosso inganno, le mode del mercato sono letali, la mancanza di sensibilità civile sempre più evidente. In questo viaggio disincantato, eseguito attraverso i testi, le fonti e le testimonianze più vicine agli artisti, si può rivoluzionare se stessi, abbracciando umanamente le incommensurabili profezie.
Essi sono i più attuali che la nostra cultura contemporanea abbia sfornato, poiché visionari ed estremamente innovativi, conservando un’intatta percezione del dolore. Tutti e quattro intellettuali degli ultimi, narratori delle ingiustizie terrene verso i più deboli e osservatori delle grandi contraddizioni dell’uomo contemporaneo. Essi hanno in comune la letteratura di formazione e le battaglie combattute, contaminandosi a vicenda indirettamente. Possiamo disporli in un ideale rombo: vertice alto Pasolini, che ha profondamente ispirato, soprattutto con i suoi Scritti Corsari, Faber e Gaber, che si stagliano ai lati centrali. Rino Gaetano è un prodotto delle letture di Pasolini, dell’ascolto di Faber e della visione del teatro canzone di Gaber. Venivano criticati dagli “intellettuali” del potere, dalla gente frivola che ghettizzava i loro testi per evidenti deficit di sensibilità. Uniti, tutti e quattro, sono invincibili, diventando un’arma dolcissima in grado di colpire e migliorare una generazione, quella dell’autore.
Titolo: Romanzo Caporale
Autore: Annibale Gagliani
Genere: Romanzo
Casa Editrice: I quaderni del Bardo
Pagine: 114
Prezzo: 8,37 €
Codici ISBN: ISBN-10: 1686770707 – ISBN-13: 978-1686770708
Contatti
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