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Andrzej Żulawski – I film di un cineasta scrittore

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di Gordiano Lupi

Giro film perché sono uno scrittore, scrivo libri perché sono un regista!, diceva Andrzej Żulawski, figura sfuggente di uomo di cultura che definiva con un paradosso la sua poetica, la sua doppia natura di cineasta e scrittore. Alessandro Romano racconta in un forbito e documentato saggio vita e opere del Don Chiosciotte di Leopoli, autore sempre a metà strada tra metafisica e realismo, narratore autobiografico che parla di temi universali servendosi di esperienze personali. Żulawski  è un polacco, figlio di artisti, anche se oggi Leopoli – dove nasce nel 1940 – fa parte dell’Ucraina, viaggiatore al seguito del padre diplomatico, si forma in Francia, a Parigi, e s’innamora del cinema grazie a Andrzey Wajda, autore che approfondisce nella tesi di laurea. Il cinema provoca emozioni, dice Żulawski e tanto basta per dedicarsi soltanto a quello, per poi scoprire la capacità evocativa della parola scritta con la raccolta di poesie Modernità (1961) e il romanzo Cinema (1966). In esilio dalla dittatura polacca, scrive libri e gira film all’estero, soprattutto in Francia, come molti autori della sua generazione, pure se partecipa ad alcuni lavori per la televisione polacca. La Terza Parte della Notte (1971) è il suo film emblematico degli anni Settanta, perché racconta la resistenza polacca usando la mitologia comunista ma sottolinea i meriti (misconosciuti dalla propaganda) della lotta borghese. Il Diavolo (1972), invece costa a Żulawski censura ed esilio, soprattutto rottura insanabile con il governo polacco, per i temi affrontati, non in sintonia con la narrazione ufficiale della realtà. Possession è un altro film di importanza epocale che riapre le porte del cinema di serie A per il regista e trasforma Parigi nel suo punto di ripartenza. Sono anni importanti per la Polonia, dal colpo di stato di Jaruzelski al sindacato Solidarnosc, per finire con l’attentato al Papa polacco Wojtyla, anni in cui Żulawski sforna opere che rivelano una disperata vitalità come La Femme Publique, L’Amor Braque, Le Mie notti sono più belle dei Vostri Giorni …. (1984 – 89). Żulawski scrive molto, sposa Sophie Marceau (interprete tra gli altri de La fidelitè), vera e propria musa della sua opera, dalla quale si separa nel 2002, per poi morire nel 2016, all’età di 76 anni, un anno dopo aver vinto un premio a Locarno con l’ultima straordinaria opera (Cosmos). Il libro di Alessandro Romano, edito da Shatter (coraggioso editore di cinema), racconta per filo e per segno l’opera di Żulawski, come insaziabile costruttore di mondi e barocco incisore di fantasie, sostenitore di un indomito anelito verso la libertà di un intero popolo. Il cinema del regista polacco secondo Romano accetta il mondo, Żulawski non è uno gnostico puro che vede ovunque sempre e soltanto il Male, forse crede al Male etico, alla perversione cerebrale di ferire, far morire, causare ostilità … Żulawski è un pensatore libero, un artista eclettico che sperimenta, sprigiona tramite i suoi film la potenza divina attraverso la disarticolazione, la visione, l’estasi, il gioco, lo sberleffo … In definitiva, secondo Romano, la filosofia che sta alla base dell’opera di Żulawski è uno gnosticismo eretico, perché secondo il cineasta è vero che il mondo è dominato dal male, ma la luce divina vive dentro di esso: sta a noi risvegliarla. Un libro utile, che indaga i meandri della poetica di un regista – scrittore, il suo forte legame tra letteratura e vita, tra immagini rappresentate e parola scritta. Il libro contiene anche un’intervista a Żulawski e la sua filmografia completa.

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