Poesia
Amelia Rosselli, versi di libertà
Poetessa, organista ed etnomusicologa, Amelia Rosselli (1930-1996) nel corso della sua tormentata esistenza si sentì sempre una rifugiata: nacque a Parigi dove il padre e lo zio, Carlo e Nello Rosselli, si erano rifugiati per sfuggire al regime fascista; che riuscì invece ad assassinarli nel 1937, e ad appena sette anni fuggì di nuovo con la madre prima in Svizzera e poi negli Stati Uniti, rientrando in Italia soltanto nel 1946. Le rende omaggio Sara Sermini, ricercatrice nell’ambito della poesia italiana del Novecento, attraverso un sentito e toccante volume che va al di là dello studio accademico, cercando di inerpicarsi sulle strade impervie della conoscenza di una personalità complessa come quella della Rosselli mettendone in luce l’entusiastico desiderio di agire, di far sentire la propria voce in un’Italia tutta da ricostruire, materialmente e moralmente.
Azione e povertà sono i due cardini della sua creatività, tesa a cercare l’incontro fra musica e linguaggio poetico, non facilmente etichettabile nello stile, che rispecchia le sue dolorose vicende personali (nel 1949 perse anche la madre), proiettate sullo sfondo di quella difficile Italia. Il suo è comunque un lavoro di ricerca umanistica, prima ancora che artistica, intriso di sensibilità verso chi è costretto a fuggire, chi ha le ore contate per agire,
Sermini presenta l’opera di Rosselli alla luce degli autori che l’hanno in una certa misura influenzata, da Kafka a Eliot a Kierkegaard, e le istillarono riflessioni sulla difficoltà di mantenere una volontà salda nel corso dell’esistenza; riflessioni che rivelano una personalità inquieta, ossessionata dalla necessità della responsabilità (cardine dell’azione umana), e insieme incerta se ammettere o meno l’esistenza di una volontà divina che potrebbe guidare queste scelte. C’è quindi la necessità di “fare i conti con la realtà più mistica della realtà stessa”. Soltanto la scrittura sembra essere la via dell’azione pura e disinteressata, sulla via di quella verità che però “I paesani zoppicanti, i poveri, i clown, i fool, gli idiots de village” sono i soli a conoscere, con il paradosso di “non sapere di conoscerla”.
Ricerca, speranza, angoscia, ricorrono nella poesia di Rosselli, che racconta l’eterno incontro/scontro fra l’anima ribelle dell’uomo e quel Cristo che, paradossalmente, con il suo cercare la croce e il martirio, conduce all’angoscia, all’assurdità della morte. Un cammino letterario che fa propria la parola dell’oppresso, che reinventa il linguaggio tra follia, povertà, sacralità; un cammino civile che è specchio di una generazione duramente provata dalla guerra e dai totalitarismi.
Sara Sermini
E se paesani / zoppicanti son questi versi. Povertà e follia nell’opera di Amelia Rosselli
Leo S. Olschki 2019
pp. 250, Euro

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