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Alla scoperta della Cirenaica con Nello Puccioni

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Alla fine degli anni Venti, seppur non ancora sotto completo controllo italiano a causa della tenace resistenza locale che sarebbe stata soffocata soltanto alcuni anni dopo, la Libia era comunque parte dei possedimenti italiani in Africa. Ancora con le operazioni militari in corso, il governo italiano, allora retto da Mussolini, inviò una missione in Cirenaica, una delle regioni ribelli, per meglio conoscerne la situazione; la necessità era stata sollevata dal Colonnello De Agostini, per il quale solo conoscendo il territorio si sarebbe potuto sviluppare una forma di governo che fosse la più adatta a garantirne lo sviluppo, per libici e coloni italiani. Il fascismo ne tenne conto fino a un certo punto, ma questa è un’altra storia. La missione comunque si fece, e fu affidata a Nello Puccioni (1881-1937), antropologo fiorentino già allievo di Paolo Mantegazza, che trascorse due anni, il 1928 e il 1929, in Cirenaica, durante i quali tenne un diario; a quasi un secolo di distanza, l’opera vede adesso la luce per la prima volta per i tipi di Polistampa, a cura di Beatrice Falcucci e Fausto Barbagli.

Il diario non contiene i dati scientifici della missione, essendo opera a carattere narrativo, ma ne dà conto così come dà conto di dove e come furono raccolti: ad esempio, per le sue ricerche Puccioni compì numerose visite all’ospedale cittadino, senza tralasciare i postriboli. Luoghi di cui racconta le condizioni, aprendo un interessante spaccato sulla Cirenaica dell’epoca Si tratta quindi di una testimonianza a ben più ampio raggio, rispetto a una fredda relazione antropologica sulle caratteristiche fisiche della popolazione locale e la sua origine etnica. Puccioni si spinge infatti a considerare gli usi e i costumi della regione, sottolinea quel suo essere un luogo d’incontro di culture: arabi, ebrei, italiani, neri dell’Africa sub sahariana, osserva le città, i villaggi, i loro commerci, le aree archeologiche, scambia con il governatore Teruzzi impressioni sulla situazione militare; le pagine di Puccioni sono per il lettore di oggi altrettante nitide “cartoline” di una Cirenaica che per molti italiani era ancora sconosciuta: leggendo, scopriamo città come Bengasi, dove l’autore si aggira per l’animato mercato, “dove le vesti rosse delle sudanesi mettono una nota vivissima”.

Puccioni era molto interessato ai mercati perché luoghi dove poter acquistare oggetti locali con i quali arricchire la collezione del Museo di Antropologia ed Etnologia di Firenze, che ancora oggi, per suo merito, è fra le più complete in Italia. Nella sua narrazione, questo antropologo-esploratore tocca anche le vicende politiche e amministrative del governatorato italiano, fra cui la Fiera Campionaria di Tripoli, importante evento commerciale coloniale. Ma interessante, e decisamente controcorrente nell’Italia dell’epoca, è il suo approccio alla “questione razziale”: per lui, tutte le razze hanno uguale dignità, ognuna con i suoi caratteri specifici che le differenziano l’una dall’altra, ma le differenze non possono né devono dare adito a considerazioni di tipo razzista. Un pensiero che dà la misura dell’onestà e dell’umanità con cui Puccioni svolgeva il suo lavoro, senza imbrigliamenti ideologici.

A impreziosire il volume, le fotografie scattate dallo stesso autore, cui i curatori ne hanno aggiunte altre tratte da archivi privati e istituzionali.

 

Nello Puccioni

“Affrica all’acqua di rose”. I diari delle missioni antropologiche in Cirenaica del 1928-29

Edizioni Polistampa, 2020

pp.247,  Euro 24,00

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