Lo Zibaldone
Alcune strade per Cuba
La complessità dell’essere umano, la sua deriva esistenziale di fronte all’inesorabile scorrere del Tempo e il tentativo, ultimo se vogliamo, di salvarsi dal pericolo di una nullificazione dell’essere. Questi sono i demoni con cui si misura Alessandro Zarlatti tra le strade di Cuba.
Brevi accensioni della memoria, folgorazioni emotive, epifanie che rivelano sensi e sovrasensi dentro una Cuba luminosa e affascinante, che non fa mai da semplice sfondo, ma vive di vita propria così come tutti i personaggi che animano le pagine zarlattiane. In realtà Cuba è un vero e proprio paesaggio interiore; le strade dell’Avana sono sentieri del cuore; gli squallidi bar tappe di una discesa verso il grado zero del proprio essere, popolato da piccoli e grandi uomini che sembrano tutti il riflesso della caleidoscopica personalità dello scrittore. I personaggi di Alcune strade per Cuba, d’altronde, nascono tutti dalla penna di Zarlatti e, come tali, non possono che considerarsi piccoli prolungamenti della sua mano, brevissimi e folgoranti alter ego con cui misurarsi nel tentativo, forse riuscito o forse no, di riconoscere e accettare, in egual misura, la parte migliore e peggiore di se. Emblematica, in questo senso, è la figura del padre che compare in uno degli ultimi racconti, Cinque giorni, alla fine di un percorso scrittorio che quasi obbliga lo scrittore a confrontarsi con luci e ombre di quella figura, con l’ossessione del tempo, con il demone della morte e, allo stesso tempo, con quella parte di sé che l’autore sente come una pesante eredità paterna da cui è difficile liberarsi.
E così le atmosfere caotiche di Cuba si alternano continuamente a profondi silenzi interiori, in un andirivieni continuo di pensieri che costruiscono una spola ininterrotta tra il passato e il presente dello scrittore. A fare da mediatore è proprio l’alcool, protagonista di ironici intermezzi che vengono cuciti alla perfezione su ogni racconto, creando l’illusione di un’architettura perfetta della pagina scritta. E lo sarebbe se, davanti al tentativo di costruire qualcosa, non si frapponesse sempre l’assordante urgenza di decostruire tutto ciò che abbia minimamente a che fare con la certezza.
L’universo zarlattiano non è fatto di punti fermi, nè di strade sicure. La sua pagina scritta è costellata, piuttosto, di sottili fessure che si aprono come voragini non appena ci si mettono i piedi sopra; di crepe profonde disegnate sull’imponente edificio di una ragione che si ritrova quasi sempre a sperimentare il proprio stato di insufficienza cronica, nonché la propria incapacità di dare risposte sul senso ultimo dell’esistenza. Zarlatti ci prova a dare a se stesso delle risposte. Non attraverso la ragione, ma attraverso la scrittura, una scrittura salvifica che si nutre della profonda convinzione che le parole possano sempre regalare un senso nuovo alle cose.
Alessandro Zarlatti
Alcune strade per Cuba
Ouverture Edizioni, 2014
pp. 252, Euro 14,50
recensione a cura di Claudia Saviani
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