Narrativa
Adriana Assini: “Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici”
“Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese …” Ma anche gli intrighi, le invidie, le ritorsioni, le rappresaglie, le vendette: feroci, disumane, insospettabili. Passano gli anni – neanche una ventina dalla morte di Lorenzo il Magnifico – ma la vita nelle corti d’inizio Cinquecento, quando Ariosto cuce in ottave il suo “Orlando furioso” non è così cambiata da quella Firenze culla di artisti e ingegni, ma anche guazzabuglio di equilibri giocati sulla grande plancia della politica e dell’economia, intreccio di complesse strategie e sottile diplomazia sospesa tra denaro e potere. Trame e brame, che si mescolano anche in Arno al tempo in cui nella città gigliata si stagliava fiero e indiscusso lo stemma della famiglia dei Medici: prima il padre Piero detto il Gottoso, poi i figli Lorenzo e Giuliano.
Di loro e delle vicende italiane di quel periodo scrive Adriana Assini, che con il suo “Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici” – ultimo nato della collana Voci della casa editrice Scrittura & Scritture – aggiunge un nuovo capitolo alla sua rivisitazione della storia in forma di romanzo, abbandonando momentaneamente i ritratti femminili che fino ad oggi l’hanno interessata (da “Agnese una Visconti” a “Giulia Tofana”) per un focus tutto al maschile su una dinastia baciata dalla gloria, ma anche provata dalla perfidia e malvagità nemiche.
Per farlo Assini chiama in aiuto anche Boccaccio, mutuando dal poeta di Certaldo, l’escamotage dell’affabulazione sia nell’ “hortus conclusus” (proprio come come l’“allegra brigata” ai tempi della peste) sia al desco domenicale presso la casa dei signori Torregiani: ser Giotto e l’apparentemente algida moglie Beatrice Giandonati.
A narrare ai nobili ospiti l’ascesa al potere, le gesta e poi il tramonto dei Medici è l’insolita coppia formata da un nobile avvocato attratto più dalle belle lettere e dall’arte che non dal diritto (nonché dalla bellezza austera di Beatrice )- Cosma Falconieri- e da un pittore di mezza tacca, digiuno di lettere ma onesto e fedele Masolino, detto il Bardo. Sono loro, a pochi anni dalla caduta dei Medici e all’indomani della morte del Filipepi, a tutti noto come il Botticelli (beniamino e pupillo della famiglia di Lorenzo e Giuliano) a ripercorrere a ritroso la vicenda di quel Lorenzo poi divenuto il Magnifico e del fratello Giuliano, minore solo nell’età ma non nelle qualità, assassinato in Duomo.
Giovani, intraprendenti, carismatici: uomini di cultura e sensibilità tali da circondarsi di poeti e pittori, abili per quanto illuminati. Due rampolli di successo – sia in politica (Lorenzo) come in amore (Giuliano) – tanto da divenire bersagli facile di invidie e cattiverie.
Sono gli anni in cui nella città dell’Arno e di Santa Maria del Fiore, esempio illustre di armonia e bellezza e scrigno del sapere umano, si aggirano filosofi e letterati: dal Poliziano al Savonarola a Pico della Mirandola. Uno scintillio di ingegni tra i quali brilla più di ogni altro l’astro di Lorenzo. Troppo accecante da suscitare invidie implacabili sullo scacchiere della politica italiani dei Comuni, dove stavano giocando la loro partita all’ultimo denaro gli Sforza, i Pazzi, gli Aragona e, avido oltre misura, il Santo Padre di allora Sisto IV della famiglia Della Rovere, “che di santo non aveva neanche l’odore”.
Un boccone prelibato allora questo libro di Adriana Assini per tutti gli appassionati della storia, ma anche grande opportunità di avvicinarvisi per quanti invece la masticano con più fatica.
Adriana Assini
Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici
Scrittura & Scritture, 2019
pp. 192, Euro 14,00
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