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Addio a Maria Grazia Capulli, la bellezza che se ne va…
di Cristina Guarnieri
Assieme a Maria Grazia Capulli, il 21 ottobre, se ne è andata via una porzione di bellezza del mondo. Non per caso negli ultimi giorni sono tante le voci nel web a manifestare il dolore per questa perdita.
L’ho conosciuta nel 2010, quando la casa editrice – allora Editori Riuniti – era appena nata. Maria Grazia ha accolto con immediato entusiasmo la collana letteraria Asce con cui avevamo esordito. Fu il suo splendido volto ad annunciare la rinascita di questo storico marchio e l’inaugurazione della collana al Tg2, nella sua delicata rubrica culturale Achab libri.
La invitai a partecipare alla presentazione di Gelosia di Proust al salotto letterario Enoarcano, vicino al Pantheon. Fu lì che la vidi, la prima volta. Sono rimasta folgorata dalla sua bellezza semplice e sobria. Era avvolta da una sciarpa colorata, un trucco lieve, i bei capelli biondi sulle spalle. Ho esclamato spontanea: «Ma quanto sei bella!». Come hanno scritto in tanti, in questi giorni, «bella fuori e bella dentro». La bellezza, in senso profondo, era decisamente il tratto che in lei più colpiva.
A maggio scorso, mentre organizzavo la venuta di Pepe Mujica a Roma e la presentazione del libro La felicità al potere, Maria Grazia mi ha aiutato con grande generosità. Ragionavamo assieme su chi valesse la pena invitare. Proposi che fosse lei a stare accanto a Mujica e lei ha risposto: «Ma no, cerca un nome più importante!». Umile, discreta, direi segreta. Mi ha regalato numeri di telefono di persone importanti al solo scopo di aiutarmi a trovare la persona giusta. Quando le dissi che avrei provato a invitare Vasco Rossi, mi scrisse: «Pepe e Vasco nel segno di Francesco… Vedo già i titoli dei quotidiani!!!». Poi accettarono Roberto Saviano e Milena Gabanelli. Allora le promisi che lei sarebbe stata la prima a intevistare Mujica la mattina della presentazione. Così fu.
Un’emozione vederla apparire. Meravigliosa, raffinata, colma di grazia e delicatezza infinita.
Ho avuto l’onore di starle accanto mentre intervistava Lucía Topolansky. Capace d’ascolto in modo inconsueto. Garbata. Dolcissima. Con quel sorriso incomparabile e quegli occhi che si illuminavano ad ascoltarne la storia. Le chiedeva dell’amore, della lotta condivisa con il Pepe, della loro cagnetta a tre zampe. Poi si avvicinò a Mujica. Con pazienza infinita aspettò che fosse pronto. Io scalpitavo irrequieta, lui ancora non le dava retta, mentre lei rimaneva in disparte, serena, priva di frenesia.
Sono stata talmente rapita dalla sua trascendenza che ho scattato delle foto a lei anziché a Mujica, e gliele ho mandate come segno di gratitudine per l’incanto che lei era.
Maria Grazia ha messo al centro della propria professione la felicità. Negli ultimi anni aveva ideato un programma televisivo assolutamente originale e in contro-tendenza rispetto alla moda attuale: Tutto il bello che c’è. Credeva nella bellezza e nel suo potere di propagarsi e trasformare il mondo. A ragione i colleghi, nel ricordarla, hanno scritto di lei: «Sei tu, Maria Grazia, tutto il bello che c’è».
Il 21 ottobre 2015 il mondo ha perso un essere prezioso… Davanti a ogni perdita dolorosa mi vengono in mente i versi di Paul Celan: «Il mondo non c’è più / io debbo portarti» e le riflessioni di Jacques Derrida su questi versi circa la responsabilità che ciascuno di noi ha di farsi carico del mondo scomparso. Spero che la Rai e noi tutti sapremo portare la bellezza che se ne è andata via con te, Maria Grazia, e con il tuo dolcissimo sorriso.
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