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Abdou Diouf, lo scrittore che porta l’estate nei suoi libri
All’anagrafe Abdou Mbacke Diouf, ma tutti lo conoscono solo come Ab. Classe ’89, italo-senegalese (toscano), pallavolista professionista, biologo molecolare, scrittore al suo secondo romanzo. Forse qualcuno lo conosce perché segue la sua pagina facebook “Accettare con serenità che certe cose non le accetterai mai con serenità”. È da quella in effetti che è iniziato tutto, quando scriveva i suoi pensieri nei post, prima che diventassero pagine del suo primo romanzo È sempre estate. Oggi, con Il pianista del Teranga, i romanzi sono diventati due e le persone che lo seguono e lo apprezzano sono più che raddoppiate, lo abbiamo intervistato per voi.
D: È sempre estate ha avuto un grande successo, da quando è uscito nel 2016, te lo aspettavi? Se guardi all’Ab di allora, cosa è cambiato?
R: Dipende da cosa si intende per successo. Se si parla solo di numeri, sì, forse un po’ me lo aspettavo… perché quando è uscito È sempre estate avevo già un pubblico che mi aveva incoraggiato a trasformare quei pezzi di vita che raccontavo sui social, intitolati “Appunti di un libro che non ho mai scritto”, in un libro vero e proprio. Non mi aspettavo, invece, che dopo quattro anni da quell’uscita mi continuassero ad arrivare messaggi di lettori che, attraverso il passaparola o per caso, hanno letto il romanzo. Credo che il successo per chi scrive sia questo: riuscire a lasciare qualcosa in chi legge. Anche fosse una sola persona. Rispetto all’Ab di allora forse la cosa che più è cambiata è la consapevolezza. Consapevolezza del mondo che mi circonda. Prima avevo la sensazione di vivere in una bolla e che le cose del mondo non potessero in alcun modo toccarmi o turbare il mio equilibrio interiore. Crescendo, invece, questa bolla si è rotta e mi sono ritrovato catapultato nel mondo, da qui la consapevolezza che ne faccio parte e perciò quotidianamente devo ritrovare l’equilibrio interiore che il mondo fa di tutto per farti perdere.
D: Come ha influito la biologia nella formazione del tuo stile narrativo?
R: La sintesi. L’essenziale. M piace usare le parole che servono per dire esattamente quello che voglio dire. Né più parole, né meno. Come quando in laboratorio faccio un esperimento. I reagenti devono essere precisi, né più né meno. E questa mentalità scientifica influenza molto il mio modo di scrivere, ma anche di vedere e valutare le cose che mi circondano.
D: Quando scrivi utilizzi una macchina da scrivere? Dove ti piace scrivere e quale momento della giornata prediligi?
R: Ho una macchina da scrivere che mi è stata regalata da una persona cara, una Olivetti “lettera 32”, la stessa macchina da scrivere che usavano Tiziano Terzani e Oriana Fallaci. Entrambi scrittori che apprezzo molto, soprattutto per la loro visione del mondo, seppur in contrasto alle volte, e per il loro modo di scrivere asciutto e diretto. La macchina da scrivere la uso per le lettere importanti, è molto elegante, mentre per scrivere i miei pensieri e i racconti uso una Moleskine e poi il computer. Scrivo sempre in realtà, nel mio cellulare ci sono più di tremila note. Alcune poi mi dimentico di riguardarle e vanno perse, altre invece le trasformo in racconti. La notte, il momento della giornata che prediligo per scrivere.
D: Il tuo legame con la musica è forte e traspare sempre, sia nei tuoi post sui social che nel primo romanzo. Ne Il pianista del Teranga è ancora più preponderante. Da dove hai tratto l’idea per questo locale? Il Teranga è un luogo immaginario?
R: Quando mi succede di non sapere come andare avanti mentre scrivo, accendo la musica. Ogni canzone, per me, è una storia. Ogni canzone è fonte di ispirazione. L’idea del Teranga è arrivata proprio da una di queste canzoni. Avevo già in mente la storia e molti dei personaggi, ma mancava il luogo. La risposta me l’ha data Piano Man di Billy Joel, canzone che non conoscevo, che poi ha dato il ritmo alla storia e che ora è fissa nella mia playlist. Nel mondo esistono tanti locali che si chiamano Teranga, perfino a Napoli ce n’è uno, ma il mio Teranga, sì, è un luogo immaginario, “un circolo serale per pazzi sprassolati e un poco scemi”, questo è Dalla. Per chi leggerà sarà divertente trovare i riferimenti musicali, ce ne sono tanti.
D: C’è qualcosa che lega il tuo primo romanzo a Il pianista del Teranga? Cosa pensi che i tuoi lettori potranno ritrovare in questo nuovo libro?
R: Sicuramente ritroveranno il rapporto di amicizia tra i due protagonisti principali. Modou e Ab in È sempre estate, Samba e il pianista in questo nuovo romanzo. Prima dell’amore credo che ogni legame sia basato su una solida e sincera amicizia. Da lì viene tutto il resto. E qui cito De Gregori: “due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai.”
D: È stato un anno molto difficile questo 2020, ma è anche l’anno del tuo ritorno nelle librerie col nuovo libro: Il pianista del Teranga. Vuoi esprimere un desiderio o un augurio per il futuro?
R: Mi auguro di ritrovare l’armonia con me stesso. Tra quello che vedo, quello che sento, quello che dico, quello che faccio e quello che desidero. E a chi legge, auguro lo stesso. ☀️
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