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A Scuola di politica online

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di Claudia Leone

Quali sono le nuove frontiere della comunicazione politica 2.0? ecco i libri e i consigli degli esperti per stare al passo coi tempi

In una piazza San Pietro deserta, illuminata solo dalla luce di 6 candelabri, Papa Francesco è in piedi, in silenzio. Solo, sotto il cielo di Roma cupo di nuvole, davanti ad un sagrato vuoto prega e benedice Urbi et Orbi milioni di persone inchiodate allo schermo tv o a un monitor del PC. E’ il 27 marzo 2020 e siamo in piena emergenza coronavirus: la parola d’ordine è distanziamento sociale, mentre i rapporti interpersonali lasciano il posto a chat e videocall. Perfino la Chiesa, l’istituzione più conservatrice per antonomasia, si adatta ai tempi che cambiano e sceglie di restare “collegata”con i suoi fedeli, di comunicare sempre e comunque con loro anche se solo virtualmente.
D’altra parte, in un momento in cui i contatti digitali sono gli unici possibili, internet diventa inevitabilmente la nostra fonte di informazione privilegiata. In poche settimane non solo noi cittadini abbiamo dovuto stravolgere le nostre abitudini, ma anche tutti coloro che lavorano nella comunicazione, soprattutto se istituzionale. Niente più conferenze stampa, convegni o eventi sociali: al massimo qualche talk show senza pubblico. Insomma, che ci piaccia o no, la “rete” non è più il futuro o un canale alternativo sul quale scommettere, ma un presente con cui dobbiamo convivere se vogliamo restare sintonizzati con la realtà.
A dirla tutta, chi scrive di e per la politica è già da un po’ che si è affacciato al digitale proprio
perché consapevole del forte impatto che il web ha sugli elettori. Basti pensare, ad esempio, agli effetti manipolativi delle famose “fake news” o all’abitudine ormai consolidata di deridere o insultare chi siede nei posti di comando su Facebook, Instagram o Twitter. Per non parlare dei tantissimi video e immagini ironiche e dissacranti che nel giro di poche ore vengono condivisi da milioni di persone diventando immediatamente “virali”.
A questo processo di riappropriazione dell’agenda pubblica da parte degli utenti attraverso l’uso di vignette umoristiche o simili, i cosiddetti “meme”, è dedicato il libro di Gianpietro MazzoleniRoberta Bracciale “La politica pop online. I meme e le sfide della comunicazione digitale” (Il Mulino, 2019) in cui vengono messe sotto la lente di ingrandimento le nuove frontiere della creatività popolare in rete. Questi fenomeni della neo cultura pop digitale hanno un’influenza enorme sulla collettività (chi non ha canticchiato almeno una volta “Io sono Giorgia”, il remix diventato virale di un discorso di Giorgia Meloni?) e sono la dimostrazione che i media tradizionali hanno ormai fatto il loro tempo. Ma quali sono le mosse giuste da fare per sfruttare al meglio le potenzialità del web dal punto di vista della comunicazione politica? Per avere un’idea su come usare la rete in tal senso, vale la pena dare una letta alla “La comunicazione politica online. Come usare il web per costruire consenso e stimolare la partecipazione” (Carocci Editore, 2014), un accurato volume di Gianluca Giansante che offre delle utili linee guida sul giusto approccio da seguire per creare e consolidare il consenso politico su internet.
Ma gli strumenti, le piattaforme e i codici mutano costantemente. Cambia con una rapidità impressionante anche il modo in cui la politica comunica se stessa. Quali sono allora le nuove  tendenze ai tempi del coronavirus? Come dobbiamo immaginare, ad esempio, le future campagne elettorali?
Lo abbiamo chiesto a Gaetano Grasso, Founder e CEO di Beryllium.it e autore, insieme a Francesco Marrazzo, sociologo della comunicazione e docente universitario, del libro “Political Digital Strategy: come fare campagna elettorale online” (Dario Flaccovio Editore, 2017).
“Saranno sicuramente campagne “full digital” – ci ha spiegato – ” almeno fino a quando vigerà l’obbligo del distanziamento sociale e questo cambierà alcune dinamiche fondamentali nella creazione del consenso come, ad esempio, il contatto personale e visivo tra candidati ed elettori: non sarà possibile “toccarli”, stringergli la mano, fare passerelle e bagni di folla. Inoltre, sarà fondamentale per i futuri candidati investire in maniera seria sugli strumenti digitali. Le campagne elettorali non si sono mai vinte solo grazie al web, ma è chiaro che in questa fase storica il web, esclusa la televisione a cui hanno accesso però solo i “big”, sarà l’arena politica principale”.

Una delle domande ricorrenti, e ancor più attuale in questa fase storica , è se il web sia in
grado di determinare una competizione elettorale.
G.G.: “Nessuno strumento, da solo, può determinare una competizione elettorale. Una campagna elettorale è un mix composto da moltissime variabili, non tutte dello stesso peso naturalmente, ma nessuno davvero determinante da sola. È un dibattito che si presenta ciclicamente: Berlusconi  vinceva grazie alla TV, Renzi grazie allo storytelling, i 5 stelle grazie al web. Non è così, hanno avuto successo perché ciascuno di loro, utilizzando una metafora narrativa, rappresentava l’eroe della storia che gli italiani volevano vivere in quel momento: il sogno, il cambiamento-rottamazione, la protesta contro la vecchia politica. Gli strumenti o le tecniche di comunicazione di per sé sono neutri. Vince chi le sa utilizzare meglio dei propri competitors, ma in una logica integrata”.

Quali sono gli ingredienti indispensabili per avere successo sul web?
G.G.: “L’ingrediente è uno solo: una buona strategia. Per definire una strategia efficace serve innanzitutto studiare, conoscere i target a cui vogliamo parlare, gli strumenti da mixare per raggiungerli, i codici comunicativi e i temi che possano interessarli. Una buona strategia è fondamentale anche per definire obiettivi realistici e soprattutto utili. “Avere un numero x di mi piace” non è quasi mai un obiettivo utile a qualcosa, posto così. E questo apre un altro tema, quello della competenza. Il fatto che tutti possano creare una fanpage su Facebook o possano postare foto su Instagram dal proprio smartphone non significa che tutti siano esperti di comunicazione politica sul web. Nel nostro Paese ci sono ottimi professionisti, di tutti i livelli e per tutte le tasche, eppure ancora oggi, in molti pensano di risparmiare affidando la propria comunicazione digitale ad amici e parenti, quasi sempre comunicatori improvvisati. Ma voi affidereste la vostra salute a vostro cugino? La risposta è no, quindi non vedo perché nella comunicazione, soprattutto quella digitale, debba essere invece così.

 Esiste una ricetta per scrivere un messaggio politico vincente?
G.G.: “Più che un messaggio, parlerei di storie, intese come narrazioni, ovvero percorsi narrativi che si sviluppano in una chiave diacronica e che prevedono una struttura di personaggi, ruoli e funzioni: l’eroe (non in senso epico, ma come figura protagonista), l’antieroe, l’oggetto di valore da raggiungere, le prove da superare. Un elettore non vota per uno slogan, ma per una storia nella quale può riconoscersi, può immaginare un proprio ruolo, a cui possibilmente appassionarsi.
Anche gli slogan elettorali diventati tormentoni comunicativi non erano altro che la manifestazione
più visibile di storie ben strutturate che, in molti casi, sono poi risultati vincenti anche alla prova
delle urne”.

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