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Musica

A proposito di Bob Dylan

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di Giovanni Graziano Manca

Gli appena compiuti ottant’anni di Bob Dylan danno ancora l’occasione per parlare dell’indole artistica poliedrica del cantautore statunitense. Sempre più frequentemente, dopo l’ “innalzamento di rango” giustamente riconosciuto all’opera dell’americano e dopo il Premio Nobel per la letteratura (conferito a Dylan nel 2016 per aver “creato una nuova espressione poetica nell’ambito della tradizione della grande canzone americana”), è possibile imbattersi in studi esegetici e ricerche scientifiche che esplorano criticamente le diverse sfumature che l’arte dylaniana ha assunto nel corso degli anni fino a oggi. Il libro che presentiamo si articola in tre diverse sezioni che vengono rispettivamente curate da Maria Anita Stefanelli (sezione Letteratura e linguistica), Alessandro Carrera (Musica e Cinema) e Fabio Fantuzzi (Arte). Il volume, scrive Stefanelli in apertura della prima sezione, valuta la posizione dell’artista rispetto alle arti in cui si cimenta, dedicando attenzione al suono, alla parola, all’elemento visuale, al gesto. Il libro sorprende per lo spessore dei vari interventi. Nella sezione dedicata all’analisi letteraria e linguistica, tra l’altro, troviamo frequenti richiami alle influenze che la tradizione letteraria angloamericana (Shakespeare, Eliot, Whitman, Cummings, e cosi via) ha esercitato nel tempo sull’opera del nostro. Spicca tra le pagine il saggio di Renato Giovannoli, che riscontra le numerosissime influenze bibliche nell’ambito del canzoniere dylaniano (secondo l’autore Dylan non si limita a ispirarsi alla Bibbia o a citarla, ma fonda le sue strategie testuali su dei veri studi biblici tematici). Gli approcci di Dylan nei confronti della cinematografia sono noti e risalgono nel tempo fino agli anni Sessanta del secolo scorso. L’uomo di Duluth al cinema è stato di volta in volta regista, interprete di se stesso e attore nei panni di altri personaggi. Ci limitiamo qui a ricordare opere come DON’T LOOK BACK (1967), PAT GARRETT E BILLY THE KID (1973) di Sam Peckinpah, L’ULTIMO VALZER (1978) di Scorsese, film concerto di addio alle scene di The Band, storico gruppo di supporto a Dylan negli anni Sessanta, RINALDO E CLARA (1978), regista lo stesso Dylan, film tra fiction e parti live on stage del periodo Rolling Thunder Revue, NO DIRECTION HOME (2005), di Martin Scorsese, monumentale imprescindibile documentario su Bob, IO NON SONO QUI (2007), film di Todd Haynes che racconta Dylan nei diversi periodi attraversati dal cantautore americano, ROLLING THUNDER REVUE – MARTIN SCORSESE RACCONTA BOB DYLAN (2019), ancora un documentario di Scorsese su una delle avventure musicali più affascinanti che il rock ricordi. Nella sezione dell’opera dedicata all’argomento “Musica e Cinema” il curatore Carrera rileva come sia stato proprio Dylan a introdurre una rottura radicale nel concetto stesso di colonna sonora come flusso psichico del film. Al di là dei risultati ottenuti dal Dylan artista cinematografico la circostanza, scrive Carrera, trova conferma nel film “Pat Garrett & Billy the Kid”, nella scena in cui lo sceriffo muore tra le braccia della moglie mentre Dylan canta “Knockin’ on Heaven’s door”, canzone che nel caso specifico “raddoppia” e si sovrappone alla stessa azione filmica. Dylan e la pittura: meno nota è l’attività artistica pittorica del nostro. Certo, i più fedeli seguaci ricorderanno i disegni realizzati da Dylan per le copertine dei suoi dischi Self Portrait (1970), Another Self Portrait (2013) e Planet Waves (1974), e il disegno per la copertina dell’album di debutto di The Band, “Music From Big Pink” , ma in generale la produzione pittorica dell’artista è finora sempre rimasta sotto traccia. Il debutto italiano del Dylan pittore avviene a Milano nel 2013 con una serie di opere riguardanti la vita di New Orleans durante gli anni ’40 e ’50. La sezione “Arte” di “Bob Dylan and the arts” ospita anche un saggio di Nico Stringa sull’americano Norman Raeben che avrebbe fortemente ispirato il Dylan pittore e del quale lo stesso musicista e scrittore di canzoni statunitense frequenta l’atelier intorno alla metà degli anni Settanta. Saggio illuminante sotto i più diversi profili, quello pubblicato da “Edizioni di storia e letteratura” . Peccato che dei numerosi capitoli in inglese non venga fornita la traduzione italiana. Tale scelta editoriale, crediamo, va a discapito di una più larga diffusione degli interessantissimi contenuti del libro.

Bob Dylan and the arts – “Songs, Film, Painting, and Sculpture in Dylan’s Universe” – 260 pagg., euro 18 – Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2021.

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