Lo Zibaldone
A Dio per la parete nord
Martin Buber, in un suo libro intitolato Eclissi di Dio, nota come attraverso i tempi si sia fin troppo abusato della parola ‟Dio”, in nome del quale si sono combattute guerre e sono stati compiuti abomini di ogni genere. Tale termine inoltre appare frusto e vuoto, tanto da ritenere che sarebbe meglio non utilizzarlo più. Ma il noto filosofo austriaco crede che valga comunque la pena continuare a mantenerlo per la sua intensa pregnanza metaforica e allusiva. La pensa così anche Hervé Clerc, di cui Adelphi ha recentemente tradotto e pubblicato un eccentrico scritto: A Dio per la parete nord, in cui tale amato/odiato appellativo viene visto da due diverse/opposte prospettive. Nella prima ottica Dio è colto attraverso la concezione (positiva e dogmatica) che ne danno soprattutto le religioni monoteistiche; nella seconda il divino è mistero inconoscibile/innominabile, rappresenta l’abisso dei mistici o l’unità del tutto quale viene concepita dalla spiritualità orientale.
Sempre meno la postmodernità utilizza la prima visione, giacché molti hanno da tempo fatta propria l’idea di Nietzsche, a detta del quale Gott ist tot (Dio è morto); ma forse ‒ se è venuta meno la fede tradizionale o viene messa in dubbio la divinità dei credenti in Cristo o YHWH o Allah ‒ il Dio che rimane vivo è quello a cui ci si riferisce nella seconda accezione del termine. O almeno ciò è quanto ritiene Clerc, rammentandoci che sia il vocabolo italiano Dio che quello latino deus, derivano dalla radice indoeuropea *diw-, che accenna all’atto e al fatto di risplendere, irradiare e/o diffondere luce, come quella diurna del giorno e del sole, non a caso ritenuto in antico una divinità.
‟In virtù della sua radice luminosa, la parola «Dio» non è inutile né vuota, è ricca di senso” ‒ nota Clerc, e prosegue affermando: ‒ ‟mistico è colui che sa intercettare la luce felice di Dio, e di conseguenza la mistica è l’arte di intercettare tale luce”. Ovvio che il termine luce qui vada inteso al di là del suo significato meramente fisico/energetico, ma allusivo di una realtà/unitarietà o fondo originario e originante che tutto accoglie e tutto esprime e alla quale da sempre ogni singolarità partecipa. Ma questo mio (o altrui) tentativo di far chiarezza intorno alla luce di cui sopra finisce purtroppo con l’essere mera speculazione: semplice chiacchiera, direbbe il nostro autore, dell’avviso che Dio non è faccenda teoretica, da teologi illusi di poter dire qualcosa intorno all’ineffabile per antonomasia.
E allora, come muoverci qualora volessimo metterci in cerca di tale illuminante chiarore? Clerc è dell’avviso ‒ come Meister Eckhart, da lui varie volte citato ‒ che per raggiungere Dio per la parete nord, ossia per la via più impervia, scoscesa e meno percorsa dai più, sia indispensabile seguire una basilare ‟legge della mistica”, fondamentale quanto la legge di gravitazione in fisica: ‟se un uomo non è trattenuto da nulla, se non è attaccato a nessun bene materiale o intellettuale, a nessun sapere, nessuna fede, nessuna reputazione, nessuna rappresentazione, se è senza qualità, immemore di sé, cade, inevitabilmente, come la mela di Newton. Dove cade? Nella divinità, che è la faccia nord di Dio”.
Vale la pena ribadirlo, per il Nostro la spiritualità/religiosità più autentica non è mai filosofia, dottrina, teoria: è semmai prassi, questione di esperienza; anche se agli scettici sembra impossibile sia così. La parola religione ‒ vedi l’etimologia lattanziana del termine – deriva dal verbo latino religare, che significa legare/unire, come il termine yoga vuol dire unione. Quindi l’uomo religioso si sente legato/connesso a Dio, partecipe della sua stessa realtà. Perciò, scrive ancora Clerc,: ‟Dietro di lui c’è qualcosa di più grande di lui, qualcosa capace di reggere la situazione, reggere l’eternità, reggere il filo, ed è la realtà stessa, immutabile, ricca di sensi, di sapori, di segni”.
Comunque la si pensi, questo inedito itinerario a Dio per la parete nord resta un insolito vademecum spirituale davvero luminoso, senz’altro stimolante, mai saccente e soprattutto schiettamente premuroso/generoso nel cercare di indicarci una prospettiva/dimensione esistenziale aperta ed altra rispetto alla disincantata e spesso alienata consuetudine odierna.
Hervé Clerc,
A Dio per la parete nord,
Adelphi, Milano 2018
pp. 286, euro 15,00
Notice: Undefined variable: user_ID in /home/kimjcgib/public_html/wp-content/themes/zox-news-childfemms/comments.php on line 49
You must be logged in to post a comment Login