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Lo Zibaldone

Maelström! Alla ricerca di un mito geografico       

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Scaturito da una lontana emozione adolescenziale, e da un lavoro di ricerca filologica durato alcuni anni (con traduzioni anche dal latino), il volume traccia la completa storia mitografica, continuamente oscillante tra realtà e leggenda, di un oscuro quanto celebre mitema proveniente dalle nebbie dell’Europa più settentrionale, divulgato in epoca medioevale dalla superstizione dei marinai del Mare del Nord e poi recepito nel-l’immaginario culturale europeo grazie ad alcuni eruditi di epoca rinascimentale e barocca. Parzialmente ridimensionata dalla critica illuministica del XVIII secolo, la leggenda del “grande Maelström di Norvegia” riesplose tuttavia, e non solo in ambito letterario, durante la seconda metà dell’Ottocento ad opera del genio “maledetto” dello scrittore americano Edgar Allan Poe, prima di essere quasi completamente nullificata dallo scientismo positivista del secolo XX.

Com’è noto, il mito in questione trae origine da un fenomeno naturale – localmente chiamato Moskenstraumen – causato dal passaggio e dal contrasto di forti correnti di marea tra due isole del gruppo delle Lofoten (Norvegia settentrionale). A parte qualche oscuro riferimento nella mitologia norrena, il fenomeno venne segnalato per la prima volta, in termini terribili e paurosi, dallo storico Paolo Diacono (VIII secolo d.C.), ma entrò a far parte dell’immaginario collettivo europeo soprattutto a partire dalla Carta Marina (1539) del vescovo svedese Olaus Magnus. L’autore, sulla base di un’imponente documentazione, cerca di ripercorrere e di decifrare l’evoluzione attraverso il tempo di questo straordinario mitema, tentando altresì di dimostrare come ad una lettura più approfondita esso sia in grado di riflettere, sia pure marginalmente, gli umori e le fluttuazioni della cultura europea degli ultimi quattro o cinque secoli, dai Mirabilia medioevali e dai fasti del barocco secentesco fino all’odierno positivismo scientifico, passando attraverso le contrastanti stagioni del ”Secolo dei Lumi” e del Romanticismo di fine Ottocento. Il volume si sofferma, in particolare, su quella che fu l’improvvisa riscoperta-recupero (“un fenomeno nel fenomeno”, che è sempre sfuggito a coloro che si sono finora occupati dell’argomento) delle componenti leggendarie e meravigliose della mitologia del Maelström di Norvegia che si verificò, a partire dal 1841 e per alcuni decenni, ad opera dell’influsso romantico-letterario di Edgar Allan Poe; il quale riuscì a condizionare non solo la buona fede di altri scrittori ottocenteschi come Jules Verne ed Emilio Salgàri, ma anche i mass-media più qualificati del tempo, repertori enciclopedici e testi scientifici inclusi..

Molte pagine del volume sono pertanto dedicate alle problematiche esistenziali e psicologiche di E.A.Poe, per il quale l’immagine surreale del Maelström rappresentava essenzialmente una figura metaforica roteante all’interno della sua più intima biografia spirituale. E proprio attraverso l’analisi di queste particolari tematiche, l’autore si ferma molto spesso a riflettere sui significati metaforici e simbolici dell’immagine del vortice marino in ambito letterario (come nel Moby Dick di H.Melville e nel canto XXVI dell’Inferno di Dante), ipotizzando che al di là della facile fruizione mediatica e dello stesso fenomeno geofisico che lo ha generato, la leggenda secolare del Maelström di Norvegia possa parimenti rileggersi come l’ipostatizzazione mitico-letteraria di una ancestrale figura archetipica della mente umana, e come l’espressione in ambito culturale di categorie simboliche ed emotive da sempre radicate nel nostro inconscio collettivo.

Tra le varie scoperte effettuate dall’autore nel corso delle sue ricerche, c‘è anche quella della fonte che influenzò probabilmente Poe nell’elaborazione della sua famosa novella del 1841 A Descent into the Maelström, nonché la riscoperta dei “contributi italiani” alla mitologia del vortice norvegese, come quello di Giacomo Casanova (che nel 1788 fu il primo autore ad introdurre questo mitema nella letteratura d’invenzione), di romanzieri come Emilio Salgàri e Luigi Motta, nonché il contributo molto più scientifico – ma ancora quasi sconosciuto – del viaggiatore secentesco Francesco Negri. Un racconto anonimo sul Maelström e pubblicato su una rivista milanese del 1839, è inoltre integralmente riportato all’interno del volume, che nel capitolo finale dedica varie pagine agli analoghi risvolti mitologici dello Stretto di Messina e discute criticamente le teorie dell’italiano Felice Vinci sulla pretesa identità filologico-mitopoietica tra il Maelström di Norvegia e la Cariddi omerica.

Alla fine del volume l’autore si sforza ovviamente di guardare al di là della leggenda, e facendo soprattutto riferimento alle ricerche di recente effettuate con metodi informatici da alcuni studiosi norvegesi, tenta di offrire una soluzione in termini strettamente scientifici al “mistero” del Maelström delle isole Lofoten: un fenomeno naturale che però, in relazione alla sua ampiezza e consistenza, “continua ad apparire instabile e fluttuante non meno dell’acqua marina di cui esso si compone”. Il lavoro, di circa 400 pagine illustrate a colori, è corredato da un’imponente bibliografia cronologica, e se a prima vista sembra riferirsi ad un argomento piuttosto periferico per il palato di un lettore italiano, i risvolti mitopoietici in esso evidenti hanno tuttavia il potere di attirare e di far roteare nelle sue simboliche spire alcuni interessanti aspetti della cultura occidentale degli ultimi secoli.

Maelström! Alla ricerca di un mito geografico                                             

Ennio Scannapieco

Booksprint, 2020

406 p. ill., 26 cm., € 24,90

 

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