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30 anni dopo tre libri per non dimenticare la tragedia dell’Heysel
Sono passati 30 anni dalla tragedia dell’Heysel, dalla notte del 29 maggio 1985 che per 39 persone arrivate a Bruxelles per assistere alla finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool fu l’ultima della loro vita, vittime innocenti travolte dalla furia degli hooligans inglesi. In occasione del trentennale sono stati pubblicati tre libri, con approcci diversi ma accomunati dall’obiettivo di contribuire a mantenere la memoria di quella notte di follia, di non dimenticare una tragedia che fin dal 1985 si è rivelata scomoda, in particolare per chi attraverso l’oblio sperava di nascondere le proprie responsabilità.
Quella notte all’Heysel (Sperling & Kupfer, 192 pagine, 14,90 euro; prefazione di Sandro Veronesi, scrittore e tifoso che assistette alla tragedia attraverso la televisione; postfazione di Antonio Cabrini, calciatore che fu testimone diretto degli avvenimenti e che si ritrovò in campo a giocare una partita non rinviata per evitare che la situazione peggiorasse ulteriormente) è stato scritto da Emilio Targia che quel 29 maggio 1985 era presente all’Heysel e che per pura combinazione si trovò ad assistere alla tragedia dalla curva opposta a quella del settore Z del quale aveva inizialmente il biglietto, documentandola anche con un piccolo registratore e una cinepresa super 8 che, da giovanissimo aspirante giornalista, aveva portato con sé. Un testimone che vide una giornata di sole e di colori trasformarsi in buio e gelo, che racconta ciò che ha visto e sentito e che, per non dimenticare, prova a sciogliere nell’inchiostro memoria, rabbia, dolore e paura.
La partita del diavolo di Roberto Renga e Chiara Bottini (Absolutely Free, 184 pagine, 14,00 euro) rievoca la vicenda con la formula del noir, narrando i fatti attraverso una ricostruzione verosimile più che vera, che avanza l’ipotesi che non si sia trattato di un’atroce fatalità ma che dietro a quanto accaduto si nascondesse un disegno preciso, una regia, un sistema di poteri interessato a un epilogo tragico, con due protagonisti, un uomo e una donna, esponenti del teppismo da stadio italiano, ingaggiati per creare incidenti prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool. È la storia di un piano, di una fuga, di un tentativo di redenzione, di un grande amore narrata a due voci e intrecciata al resoconto di quei giorni, riportato dai servizi giornalistici, dalla polizia internazionale, dai sopravvissuti. Un frenetico viaggio alla scoperta del lato oscuro del calcio.
La notte dell’innocenza di Mario Desiati (Rizzoli, 192 pagine, 16,00 euro) ripercorre la tragedia dell’Heysel attraverso gli occhi di un bambino di otto anni, lo stesso autore, felice perché il pomeriggio ha calzato per la prima volta nella sua vita un paio di scarpe da calcio con i tacchetti di ferro ed emozionato perché la sera la sua Juventus contenderà al Liverpool la Coppa dei Campioni. Le strade si svuotano, tutto il paese si ferma per assistere alla partita e anche Mario rientra precipitosamente a casa ancora sporco di terra. Accende il televisore sulle ultime note della sigla dell’Eurovisione e non può sapere che all’Heysel si è appena consumata una delle più gravi tragedie della storia del calcio. Non è il solo. Quando la diretta comincia in pochi ne hanno la percezione – a partire dal telecronista Bruno Pizzul – in pochissimi conoscono la verità. Il bilancio finale sarà di 39 morti e oltre 600 feriti, ma, sia pure in ritardo di un’ora e mezza e in una cornice spettrale, la partita sarà giocata ugualmente. Una ricostruzione chirurgica della diretta che incollò al televisore milioni di italiani sgomenti, impauriti, disgustati, la rievocazione della partita vista con gli occhi increduli di un bambino, una riflessione sull’eredità dell’Heysel, su cosa ci ha lasciato quella notte di trent’anni fa.
(di Claudio Deplano)

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