Noir
Storia nera di un naso rosso
Milano. Parecchi anni. Angelo Cantiani era un oncologo, lavorava con i bambini malati in un ospedale al nord della città, talvolta si travestiva da clown (Willy Pancione) per farli ridere un po’; sulla quarantina, atletico alto snello, talaltra si mostrava crudele e sbrigativo verso la morte (altrui). Una sera rimprovera un gruppo di giovani scapestrati, il 12enne Diego Lentini (uno di loro) il giorno dopo si suicida, sia il padre Remo che la mamma Anita vanno in depressione, non sanno di che e chi potersi vendicare, si lasciano. Silvia, la sua collega clown (Radicchio Ridarella) s’innamora (ricambiata) della madre rumena di un bambino agli ultimi giorni, Angelo le aiuta. Lui tradiva la moglie Serena con la bella feroce studentessa 22enne Valentina, che tirava su qualche soldo aiutando la grassa ritardata Paola a fare i compiti, scoprendo che la madre era sua professoressa al Politecnico, il padre colpito dal suo fascino e la ragazzina amica di Diego. Serena aveva lasciato definitivamente Angelo poco prima che la madre morisse di cancro allo stomaco, aveva reso loro la vita difficile ed era ricoverata nel suo ospedale, il giorno dopo il funerale si rivedono, la loro figlia Isabella crescerà senza che lui ne sappia niente. Settimane dopo Anita riceve la visita di Angelo, lei gestisce un negozio di acquari e pesci, le amiche Mariella e Dina non riescono a consolarla, tanto meno Alessandra, moglie di Vincenzo, carissimo amico del marito; con Angelo Anita ha una breve storia prima di tornarsene nella sua Belluno. Anni dopo Angelo non c’è più e Remo è un vecchio ubriacone fallito ed ex galeotto, vive nella mansarda sopra Vincenzo e Alessandra, che ancora non riescono ad aver figli.
L’architetto imprenditore Alessandro Morbidelli (Ancona, 1978) da anni si è costruito variegate esperienze e discrete prove di scrittore di genere, qui narra crudeli intrecci usando per tutti i protagonisti la prima persona al presente. Ben presto si intuisce che gli spezzoni di biografia sono diacronici, collocati in almeno due differenti contesti temporali, a oltre dieci anni di distanza l’uno dall’altro, ognuno con (spesso) inconsapevoli incastri dei personaggi. Il primo a parlare è l’unico maschio, le successive sono cinque donne; una successiva compagna (cercata per il rimorso o altro più cattivo movente), la collega lesbica, la giovane amante, la ex moglie, una loro conoscente; l’ultima, ormai desiderosa solo di diventare madre, lucidamente freddamente. La fluidità della storia ne risente un poco, l’intreccio criminogeno è evocato, denso comunque di colpi di scena volutamente senza regia, descritti in modo chiaro ed efficace. Il trio Sgranocchio (Pamela, Pipolo Pallino, è la terza) usa sul naso una pallina rossa per darsi un’aria buffa da pagliacci, una pallina di speranza alla quale sono tutti in vario modo affezionati (da qui il titolo e la copertina). Segnalo che Darwin non sosteneva che i più deboli sono i meno adatti e falliscono. Ogni protagonista ha i suoi gusti musicali: Lou Reed, Leonard Cohen, Red Hot Chili Peppers e via ascoltando. Vino generico fino al Valtellina Superiore Inferno di una cena speciale. Postfazione di Barbara Garlaschelli per un’ottima collana gialla a lungo curata e diretta dalla compianta Tecla Dozio.
Storia nera di un naso rosso
Alessandro Morbidelli
Todaro, 2017
Pag. 160 euro 15
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